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24 febbraio 2012

Vajont oscurato - Bergführer bedrohen die Netzfreiheit

Guide alpine minacciano la libertà in rete

di Henning Steier
Pubblicato in: Svizzera il 22 febbraio 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per ItaliaDallEstero
Testata Neue Zürcher Zeitung

Immagine del cimitero di Longarone

Un giudice ha ordinato a 226 provider italiani di oscurare il sito vajont.info, poichè avrebbe diffamato i politici Maurizio Paniz e Domenico Scilipoti. Gli oppositori vedono in pericolo la libertà di informazione.

Nel mese di ottobre la pagina italiana di Wikipedia aveva scioperato. Gli autori della enciclopedia protestarono allora contro un progetto di legge, che prevedeva l’obbligo per i gestori di siti web di correggere i contenuti privi di commenti entro 48 ore nel caso in cui qualcuno potesse ritenerli offensivi nei propri confronti. La proposta di legge non andò in porto. Ora però un giudice di Belluno ha deliberato che 226 provider oscurino l’accesso alla pagina web vajont.info, perchè due politici si sono sentiti feriti nell’onore.

Pietra dello scandalo è la seguente frase: “E se la mafia è una montagna di merda… i Paniz e gli Scilipoti sono guide alpine”. I due politici fanno parte dello stesso schieramento politico di destra, ma non sono certo coinvolti nella criminalità organizzata.

Dai Giornali dell'epoca la notizia della tragedia del Vajont

1900 vittime

Il Webmaster Tiziano Dal Farra, gestore del sito di vajont.info, ha come principale scopo quello di diffondere informazioni sulla catastrofe del Vajont. Nel 1963 in seguito all’esondazione del lago artificiale Vajont, causata da una frana nella diga che la svuotò quasi completamente, perirono circa 1900 persone. L’ondata di acqua che ne fuoriuscì distrusse completamente il paese di Longarone. Tutti gli imputati colpevoli furono condannati nel 1969 a molti anni di prigione. La struttura della diga è ancora in piedi nella valle che si trova a 100 chilometri a nord di Venezia, ma l’invaso non è più stato riempito.

Il giudice non si è limitato ad ordinare l’oscuramento dell’intero sito Web, ma anche di altri siti che consentono l’accesso ad esso. E’ stato Maurizio Paniz a chiedere l’intervento del giudice. Tra gli altri provider italiani è stato ordinato anche l’oscuramento della pagina Torrent di The Pirate Bay, ma non per il reato di villipendio, bensì perchè sostiene la difesa dei diritti d’autore: la cosiddetta tecnologia Bittorrent viene spesso utilizzata per la diffusione di contenuti protetti.
Diga del Vajont vista da Longarone

Violata la libertà di informazione

Fulvio Sarzana, che gestisce un blog italiano che si occupa di diritto ed internet, la vede nera: “A prescindere da questa vicenda appare chiaro che questo provvedimento viola il diritto all’informazione dei cittadini italiani. Interi giornali, blog e portali di informazione potrebbero sparire dal web”.

Il messaggio che qualche attivista di Anonymus ha lasciato sul sito del politico Maurizio Paniz ha toni decisamente più accesi: “Wikileaks dice che l’informazione deve essere libera, e voi cari avvocati oltre ai soldi e alla reputazione, un po’ di sana libertà non ve la volete godere? A quanto pare no, quindi abbiamo deciso di farvi incazzare un bel po’ iniziando un lungo processo di attacchi”. Attualmente il messaggio è sparito e non si conoscono nuovi ulteriori attacchi.
Anonymus attacca il sito di Paniz

Ein ganzes land auf hoher See - Un intero paese in alto mare

Capitan Monti, il meno peggio? Italiadallestero Il Fatto Quotidiano

Un intero paese in alto mare
Un’Italia in bilico – tra metafore, sollievo e malcontento

Testata: NZZ
Data di pubblicazione: 11 febbraio 2012
Articolo originale di: Franz Haas
Traduzione di Claudia Marruccelli e Francesco Costantini per Italiadallestero
Pubblicata sul Fatto Quotidiano
Mario Monti alla guida del paese

Dopo aver accolto le dimissioni di Berlusconi di tre mesi fa come una liberazione, la maggior parte degli italiani esprime simpatia per il successore Mario Monti e il suo governo d’emergenza – ma anche diffidenza. Probabilmente Monti resterà in carica ancora un anno, poi di nuovo sarà tutto da decidere.

Negli ultimi tre mesi in Italia si sono succedute numerose calamità che hanno sconvolto il paese: subito si sono cercate metafore per mettere a contronto gli sconvolgimenti della natura con quelli della politica. Quando, a novembre, Silvio Berlusconi ha rassegnato le dimissioni e ancora non ci eravamo ripresi dall’alluvione, era d’obbligo l’immagine del diluvio universale e Mario Monti appariva come il salvatore della situazione. Quando due mesi più tardi un inetto capitano ha fatto naufragare una nave da crociera, ha fatto il giro del mondo l’immagine allegorica della nave stato, che si salva da disgrazie simili grazie al nuovo timoniere. Monti aveva assunto l’incarico da neanche tre mesi, guidando la nazione tra gli iceberg dell’economia mondiale, quando la penisola sprofondava improvvisamente nella neve, e quindi calzava a pennello l’immagine simbolica del capitano in bilico.
Monti e Berlusconi a confronto

Una squadra di tecnici?

Tuttavia è in questa situazione d’emergenza che si è manifestata la popolarità del nuovo capo di governo; nessuno gli ha voluto seriamente addossare la colpa dei treni bloccati dal ghiaccio. Se Monti gode ancora di un così grande consenso, è certo per le sue qualità, ma ancor più per la misera performance del suo predecessore. Molti italiani si sono sentiti testimoni di un miracolo, nelle prime settimane dopo il cambio di governo. Era quasi da non credere che l’indecente Berlusconi avesse lasciato il posto a un vero signore, che a Bruxelles fa la sua bella figura accanto a Merkel e a Sarkozy. Monti e la sua squadra saranno pure degli anonimi tecnici, come ha scritto su La Repubblica Michele Serra, “ma se pensiamo ai loro predecessori, vorremmo baciare la terra su cui camminano”. C’è da dire che anche la sinistra ha contribuito alla perdita della morale nell’esercizio della propria responsabilità, alimentando tra le generazioni un senso di prevaricazione, che oggi impedisce di mobilitare le forze innovative del paese di fronte alla concorrenza internazionale.
Anche le statistiche rivelano la necessità di un salvatore: l’80% degli italiani aveva fiducia in Monti quando ha assunto l’incarico. Ora, dopo le rigide misure di risparmio e gli improvvisi aumenti in concomitanza con l’inizio del nuovo anno, rimangono comunque al di sopra del 60%. “Questo dovrebbe preoccuparmi” ha commentato Monti con la solita ironia, sminuendo il favorevole sondaggio. E nonostante il fatto che nell’ultimo periodo stia crescendo un rafforzato malcontento proveniente da molte parti – non solo dalla Lega Nord e dai pendolari bloccati dalla neve – a prevalere è comunque il sollievo per la fine dell’imbarazzante e rovinosa azione di Berlusconi e della sua corte.
Come accade ovunque dopo un cambiamento storico, anche in Italia si parla con raccapriccio del recente passato, su pubblicazioni di ogni tipo. In questi lavori intellletuali di riassetto, le simpatie vanno quasi senza eccezioni al nuovo e il pensiero comune è ora: “L’abbiamo scampata bella ancora una volta (speriamo)”. Questo vale anche per quel dizionario dal titolo “Così parlò il Cavaliere” scritto da due attenti giornalisti del Corriere della Sera, che contiene le uscite più grottesche di Berlusconi. C’è meno da ridere nel volume “L’opera italiana da due soldi”, del giurista e pubblicista Franco Cordero, che analizza “la grottesca opera buffa” di Berlusconi e il suo personaggio: “Più antiliberale di Mussolini, paranoico come Hitler, peggiore di Mackie Messer”.
Il confronto con Mussolini si evidenzia anche in un monologo teatrale che l’attore Fabrizio Gifuni sta portando in tournée per l’Italia. Il testo si compone unicamente di estratti dalla parodia sul fascismo di Carlo Emilio Gadda “Eros e Priapos”, in cui sembra di riconoscere esattamente alcune delle dichiarazioni di Berlusconi. Tuttavia il biasimo al deposto ex politico non va sempre di pari passo con le lodi al nuovo. Quando nel quotidiano di estrema sinistra Il Manifesto il docente di letteratura Alberto Asor Rosa si è espresso in maniera tiepida in difesa di Monti, è stato prontamente criticato dall’altrettanto anziana e famosa Rossana Rossanda. Anche polemici blogger e schiere di frequentatori di Facebook e Twitter non vedono grosse differenze tra “la commedia di basso livello di Berlusconi e il falso cabaret di Monti”.
Umberto Eco ha pubblicato nella sua colonna sull’Espresso, sotto forma di piccante raccontino divertente, una difesa di Monti e una sgridata ai suoi detrattori: lo scrittore paragona il nuovo capo di governo a un’altruista prostituta che in tempo di guerra si concede al nemico per il bene comune e a causa di ciò è vittima dell’ipocrita ribrezzo dei suoi connazionali. Tuttavia l’ironica allegoria di Eco ha effetto limitato e cambierebbe poco nell’opinione di quella arrabbiata casalinga che in fila davanti a noi per pagare il bollo dell’auto brontola, “quel maledetto Monti” dovrebbe pagarlo lui questo salato aumento. Infatti la situazione è diventata difficile per gli italiani con reddito medio, mentre la massa di coloro che vivono sotto la soglia di povertà è aumentata drasticamente. Lo scrittore Raffaele La Capria vede Roma come un turbinio di mendicanti simile a Benares.
La disoccupazione in Europa nel 2011

Le aride cifre della realtà

La realtà è ben altro e arriva con aride cifre. La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 30%, in alcune regioni il 50%. E la bacchetta magica di Mario Monti deve darsi da fare in primis in questo campo, per fare colpo anche sui sindacati di sinistra. Attualmente questi sono le uniche vere forze di opposizione, che si oppongono al governo con scioperi e puntano i piedi contro una possibile riforma del lavoro. Con ciò spesso difendono solo quei lavoratori già a bordo di una barchetta piccola, ma sicura; in questo modo impediscono ai giovani precari e ai disoccupati cronici di ottenere una qualsiasi sicurezza, anche minima.
Nelle trattative con i sindacati il distinto professor Monti e i suoi collaboratori non sempre mostrano il tatto dovuto. Recentemente Monti ha parlato con noncuranza della “monotonia del posto fisso” e ha voluto rendere gradevole “la sfida del cambiamento” ai disoccupati. Il popolo, scandalizzato da questa dichiarazione, ha comunicato via Twitter che uno stipendio di 800 euro al mese non è il massimo come cambiamento.
Peggio ancora sono state le sfacciate affermazioni del 37enne viceministro del lavoro che non è responsabile di quella sua aria arrogante, ma di certo lo è rispetto a ciò che dice. “Chi non si è ancora laureato a 28 anni” ha dichiarato in una trasmissione televisiva è “un povero sfigato”. Questo ragazzotto dovrebbe sapere in realtà che circa un terzo degli studenti italiani a stento riesce a mantenersi con piccoli lavoretti, che le tasse universitarie sono esorbitanti (le più alte in Europa dopo l’Inghilterra) e che in Italia le borse di studio sono praticamente inesistenti. Claudio Magris, comunque ben disposto verso il governo Monti, ha scritto nel Corriere della Sera che regalerebbe volentieri al capo di governo il David Copperfield di Charles Dickens, così che possa farsi un’idea di quanto sia importante un po’ di sicurezza per i giovani, per “crescere con dignità” senza essere tormentati da “desideri ed umiliazioni” come il povero David Copperfield.
Mario Monti si è scusato a lungo per la sua sfortunata uscita sulla monotonia del posto fisso. Silvio Berlusconi personalmente non ha mai smentito le sue scandalose esternazioni, anzi al contrario ha spiegato che le sue parole erano state travisate. Quindi non c’è da meravigliarsi che il nuovo capo di governo appaia alla maggior parte degli italiani come un miracolo, il cui effetto è ancora incerto. Se volessimo veramente trovare una metafora per la situazione attuale, allora ecco che calza a pennello la seguente espressione: “Siamo ancora in alto mare” nel senso però che nulla è stato ancora deciso. Capitan Monti guiderà il paese probabilmente ancora per un anno, poi al timone si piazzeranno di nuovo i politici, i partiti e le loro dispute. E, se siamo ancora in alto mare, non si esclude nemmeno il ritorno del detestato berlusconismo.

Così parlò ... Umberto Eco

10 febbraio 2012

Denaro in fuga in Svizzera

Ritornano i contrabbandieri di denaro?

di Gerhard Lob

Pubblicato in: Svizzera il9 febbraio 2012
su Suissinfo

Traduzione di Claudia Marruccelli per ItaliaDallEstero


Ritornano ad aumentare i capitali esportati dagli italiani in Svizzera. Mentre le banche del Canton Ticino relativizzano l’ammontare degli importi, gli esperti finanziari lo ritengono uno degli effetti della strategia dell’emersione del denaro non dichiarato. Per la maggior parte dei fondi si tratta di patrimoni dichiarati.

Se si dà credito alle dichiarazioni di Attilio Befera, capo dell’Agenzia delle Entrate, pare sia corso una fuga di capitali in grande stile, dall’Italia, sconvolta dalla crisi, verso la Svizzera. In un’intervista con il quotidiano „La Repubblica“ di questa settimana Befera ha spiegato, che verrà intensificata la lotta agli evasori fiscali. Solo nel 2011 sono stati confiscati 11 miliardi di euro esportati illegalmente.

I sequestri di denaro da parte della Finanza al confine sono aumentati del 50 percento. “L’esportazione di lingotti d’oro in Svizzera è cresciuta dal 30 al 40% percento”, ha dichiarato il responsabile dell’agenzia italiana.
Sono state anche riaperte le vecchie vie del contrabbando tra Italia e Svizzera, inoltre le banche svizzere hanno dovuto affittare delle casseforti negli alberghi, „per poter soddisfare l’abnorme numero di richieste proveniente da clienti italiani“.

Le notizie di una massiccia fuga di capitali dall’Italia non giungono del tutto nuove. Già a fine dicembre “La Repubblica” aveva scritto, di capitali esportati illegalmente persino con metodi antiquati – contrabbando di denaro nascosto nelle valigie o sotto ai vestiti – proprio come avveniva negli anni ’70 e ’80 e anche il settimanale “L’Espresso” aveva pubblicato una ricerca sull’argomento.

Non si tratta di importi rilevanti

Le dichiarazioni da parte del Ticino, centro finanziario e meta preferita dagli evasori italiani, minimizzano la faccenda. “E’ partito un certo flusso ma non in così grande stile”, questo il parere dell’economista e giornalista Alfonso Tuor, che gestisce gli attuali sviluppi finanziari nel centro bancario di Lugano Vezia. Secondo lui si tratta di piccoli importi.

Il Credit Suisse non ha voluto rendere noti i dettagli sui flussi di capitali nel Canton Ticino. Alfredo Gysi, amministratore delegato della Banca Svizzera Italiana (BSI) con sede a Lugano e presidente delle banche estere in Svizzera, invece all’inizio di gennaio ha ammesso con certezza, in una intervista concessa ad un quotidiano, l’esistenza di una fuga di capitali dall’Italia alla Svizzera, “anche se non si tratta di miliardi, come ogni tanto si sente dire”.

Presso la BSI si sarebbero aperti nuovi conti e gli attuali clienti avrebbero riportato somme di media entità in Svizzera, anche se in conclusione si tratterebbe di denaro dichiarato.


“Fondi dichiarati”


Di questa opinione è anche il procuratore e esperto di finanza Paolo Bernasconi di Lugano. Tutta una serie di clienti italiani sta trasferendo da alcuni mesi depositi ufficialmente aperti in maniera totalmente legale dall’Italia in Svizzera. La possibilità di insolvenza di alcune banche va di pari passo con la crisi finanziaria e dell’euro e con una strategia di ripartizione del rischio. In questa situazione si fidano della Svizzera “Il flusso legale di denaro indica che la strategia del denaro pulito inizia a funzionare – è un buon segno”, dice Bernasconi. Questo è più importante del fenomeno del contrabbando, che comunque resta.


I fondi neri dormono ancora


In realtà nel centro finanziario del Ticino non sembra particolarmente interessato dal fatto che sia ritornato ad essere la meta preferita del denaro illegale proveniente dall’Italia. l’Italia aveva criticato aspramente e ripetutamente le banche Svizzere in generale e in Ticino in particolare e nell’ambito della lotta all’evasione fiscale aveva intensificato anche i controlli al confine.

I cosiddetti “Fisco-Velox”, con cui gli agenti della finanza fotografavano sistematicamente le auto in ingresso in Svizzera, avevano scatenato un certo malcontento. È stato stimato che in Svizzera restavano ancora dai 150 ai 160 miliardi di euro italiani esportati illegalmente. L’Italia ha concesso negli ultimi dieci anni tre condoni fiscali, che hanno permesso di rimpatriare il denaro nero dietro pagamento di blande sanzioni e senza alcuna condanna.

Tuttavia il nuovo governo di Mario Monti prevede di ricavare nuove entrate dal condono fiscale. L’ultima amnistia del 2009/2010 ha permesso peraltro di lasciare i fondi su conti in nero in Svizzera, nel caso in cui fossero stati regolarmente dichiarati in Italia tramite un’agenzia fiduciaria.
Fisco velox al confine svizzero


Sogghigni sulle cassette di sicurezza degli alberghi


L’associazione bancari svizzeri non ha rilasciato alcun commento sui recenti sviluppi. “Non disponiamo di cifre adeguate” chiarisce la portavoce Rebeca Garcia riferendosi alle singole banche. Piuttosto nel settore bancario fa sogghignare la storia delle casseforti affittate negli alberghi. A Lugano ad ogni caso questa storiella viene considerata soprattutto come parte di una certa strategia di intimidazione verso i clienti italiani.

Tira e molla tra Svizzera e Italia

L’Italia ostacola il rimpatrio dei richiedenti asilo politico


di René Lenzin

Pubblicato in: Svizzera il 3 febbraio 2012 su Tages Anzeiger

Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia Dall'Estero

Centro di accoglienza per richiedenti asilo a Chiasso
Grazie agli accordi di Dublino nel 2011 sono stati espulsi dalla Svizzera un numero di richiedenti asilo maggiore dell’anno precedente. Nonostante ciò molte pratiche sono ancora in attesa di definizione, a causa delle limitazioni dei rimpatri da parte dell’Italia.
Il numero delle richieste di asilo nel 2011 è aumentato drasticamente, non era mai stato così alto dal 2002. Secondo l’Ufficio Federale della Migrazione (BFM), il forte incremento sarebbe dovuto alla primavera araba e alla apertura dal mese di marzo delle rotte migratorie dalla Tunisia e dalla Libia verso l’Italia meridionale. L’ufficio ha rilevato che la Svizzera rispetto all’anno scorso ha potuto rimpatriare un numero sostanzialmente maggiore di richiedenti asilo, tra coloro che avrebbero presentato domanda già in un altro paese. Il numero di questi rimpatri effettuati secondo gli accordi di Dublino è cresciuto da 2711 a 3621.
Tuttavia la Svizzera avrebbe potuto rimpatriare il doppio dei richiedenti asilo, tenendo conto che, in ben 7000 casi la richiesta di asilo era stata accolta dai paesi di prima accoglienza. Questa differenza di dati sarebbe normale, afferma il portavoce della BFM Joachim Gross, poiché tra l’approvazione e il rimpatrio ci vogliono “da due a tre mesi, per l’espletamento di tutte le formalità”. A questo si aggiunge che l’Italia accetta indietro i profughi solo per via aerea e non consente più di 250 rimpatri mensili. Poiché attualmente i due terzi di tutti i casi riconosciuti dal trattato di Dublino riguarda l’Italia, il ristagno sarebbe causato quasi esclusivamente dall’atteggiamento del nostro confinante meridionale.

Soprattutto Tunisia e Nigeria

Tra i paesi di origine dei richiedenti asilo, le cui domande d’asilo sono state evase dalla Svizzera nel 2011 come riconducibili agli accordi di Dublino, dominano la Nigeria e la Tunisia rispettivamente con 1388 e 1507 rimpatri riconosciuti. Tuttavia sono stati scortati nel paese di primo asilo solo 940 nigeriani e 502 tunisini. Siccome recentemente numerosi profughi che hanno lasciato Maghreb per motivi economici sono stati oggetto di articoli giornalistici dai toni negativi, la bassa percentuale di rimpatri dei tunisini potrebbe creare ulteriore malcontento un po’ dappertutto.

Nel giugno scorso i cantoni avevano criticato le lungaggini dei procedimenti amministrativi per le richieste di asilo politico. In particolare nei casi evidentemente riconducibili agli accordi di Dublino, la confederazione sarebbe dovuta essere più veloce nell’evasione delle richieste e non limitarsi a distribuire i richiedenti nei cantoni svizzeri. La BFM ha accelerato i procedimenti, dichiara Roger Schneeberger, segretario generale della Conferenza dei direttori di Giustizia e Polizia. Dichiara che l’obiettivo di risolvere i casi di Dublino direttamente nei centri di accoglienza della confederazione, è stato chiaramente un fallimento dovuto alla mancanza di posti in questi centri, in cui i richiedenti asilo potrebbero restare in media solo venti giorni.

Nulla è cambiato dalla passata estate secondo David Keller, capo dell’ufficio migrazione svizzero e presidente dell’associazione delle autorità cantonali per le migrazioni. Come prima vi sarebbe un “collo di bottiglia verso l’Italia”. I nostri vicini del sud applicano Dublino sicuramente con correttezza, però rallentano i rimpatri.

Simonetta Sommaruga, Ministro della giustizia svizzero
 Uno su dieci torna a casa


Un altro problema, secondo Keller, è che il 10 percento dei richiedenti asilo politico riconducibili agli accordi di Dublino ritorna in Svizzera e inoltra una nuova richiesta di asilo. Il ministro per la giustizia Simonetta Sommaruga aveva già evidenziato lo stesso problema, quando nel mese di settembre era stata ospite dell’allora ministro degli interni Roberto Maroni. La questione controversa é se queste domande di asilo possano essere presentate. Le autorità per le migrazioni dicono di no, mentre il tribunale amministrativo federale è di parere contrario. Secondo la Sommaruga si tratta spesso di persone, che la Svizzera non può respingere nel proprio paese di origine.

03 febbraio 2012

Gli italiani hanno pensato che bastasse far parte dell’UE per essere al riparo da crisi economiche


di Ram Etwareea – 31 gennaio 2012

Pubblicato in Svizzera il 31/01/2012 su Le Temps
Traduzione di Claudia Marruccelli per ItaliaDallEstero

Salvatore Cantale, docente di finanza alla IMD [International Institut for Management Development, N.d.T.] di Losanna, fa un’analisi obiettiva e super partes della crisi economica e sociale che sta colpendo l’Italia

L’Italia è in pieno fermento. Il governo di transizione si sta dando da fare per portare a termine la ristrutturazione economica ed il risanamento del bilancio statale. Sommerso da un gravoso indebitamento, lo Stato cerca gli strumenti per ridurre le spese ed aumentare le entrate con un nuovo piano di riforme che doveva essere varato venerdì scorso. Salvatore Cantale, docente alla IMD, fa un’analisi dei fatti.

Lei è stato in Italia di recente? Che atmosfera si respira laggiù, tre mesi dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi e l’insediamento al vertice del paese di un governo ad interim?
Sono stato in Sicilia a Natale, dove ho trascorso due settimane con la mia famiglia. Laggiu’ la gente è arrabbiata ma allo stesso tempo rassegnata, è preoccupata di quello che sta accadendo in Italia e sa che sarà difficile rimettere in carreggiata il paese. Si rende conto che la recessione sta prendendo piede. Ho anche notato un sentimento di abbandono al proprio destino, lo stesso che ho rilevato recentemente in Grecia. Ma allo stesso tempo, gli italiani si aspettano che i responsabili politici indichino la via da seguire. Ciò non vuol dire che abbiano fiducia in loro, ma sono coscienti che non possono fare nulla in prima persona. Questo comportamento è ben diverso da quello che prevale negli Stati Uniti, dove la gente si domanda cosa può fare per uscire da questa difficile situazione. In Italia, come in Europa, le persone si affidano ai politi, anche se questi non godono di alcun credito. In Sicilia un giovane diplomato su due è disoccupato.

Quale eredità ha lasciato all’Italia Silvio Berlusconi?
Tutti gli indicatori economici – crescita, disoccupazione, deficit statale, debito pubblico – sono in uno stato peggiore rispetto a venti anni fa. Non siamo neanche più competitivi. Le piccole e medie imprese, motore dell’economia italiana, non hanno più la stessa vitalità. Il mondo degli affari non si identificava più in lui, si è sentito tradito. Quando è entrato in politica, Silvio Berlusconi, a capo di un impero immobiliare e mediatico, veniva considerato come l’esempio dell’uomo di successo. Aveva posto fine a decenni di governi precari. Sul piano politico però, l’epoca Berlusconi ci hanno fatto perdere la fiducia nella classe politica.

In queste circostanze, Mario Monti, il primo ministro a capo del governo in attesa delle elezioni politiche del 2013, è arrivato come un salvatore …
Certamente dà speranza. Gli italiani pensano che Mario Monti e il suo governo di professori non siano al potere per trarre vantaggi personali. L’ho gia’ conosciuto: è una persona che ispira fiducia. Temo però che la speranza venga delusa. Gli italiani non hanno ancora idea delle sofferenze che dovranno subire nei prossimi tre-cinque anni. La cura a base di tagli adottata dal governo è senza precedenti. Il suo obiettivo è di risparmiare 20 miliardi di euro e raggiungere il pareggio in bilancio nel 2013. Sarà difficile, ma se vogliamo meritarci il posto all’interno del G7, questa è la via da seguire.

Dobbiamo temere crisi sociali a causa del programma di austerità?
Gli italiani dovranno tirare la cinghia e fare sacrifici. Guardate ad esempio le manifestazioni dei liberi professionisti (tassisti, avvocati, notai) che si oppongono all’apertura del loro settore alla libera concorrenza. La liberalizzazione permetterà l’accesso [nel mondo del lavoro] a più persone, ma ridurrà i loro profitti. Quando si tratta della teoria tutti sono d’accordo a prendere provvedimenti, ma quando vengono toccati personalmente, non ci stanno. In Italia, lo Stato e i sindacati hanno sempre protetto le professioni per scopi elettorali. La crisi economica e sociale che ci sta colpendo è il risultato di una politica conservatrice vecchia di cinquant’anni. La mancanza di concorrenza ha ucciso gli investimenti, lo spirito d’impresa e l’innovazione. Molti italiani hanno creduto che bastasse far parte dell’UE per sentirsi al riparo da crisi economicche e sociali. Ma non abbiamo fatto nulla per adattarci. Per esempio, gli italiani non conoscono le lingue straniere. Oggi non sono in grado di approfittare dell’apertura del mercato del lavoro all’interno dell’UE, ma criticano quelli che vengono a lavorare a casa nostra. Il lavoro, come fattore di produzione è fermo. Gli italiani pensano che saranno sempre al centro del mondo.

Qual è il margine di manovra di cui dispone il governo Monti?
Ha fatto approvare alcune leggi che mirano a riassestare il bilancio statale, in particolare aumentando le imposte e tagliando le spese. Per il futuro, propone di liberalizzare alcune professioni. Vorrebbe anche privatizzare alcune aziende statali, per esempio il servizio bancario delle Poste, l’energia e le autostrade. Personalmente penso che non abbia alcun margine di manovra nei confronti dell’UE. Non ha alcun potere di trattativa con Angela Merkel e Sarkozy, che sono i pezzi massimi dell’economia europea. Chiede inutilmente che la Germania s’impegni maggiormente per fare abbassare i tassi di interesse che l’Italia deve pagare per rifinanziarsi sul mercato. Molti italiani, ma anche molti greci, hanno l’impressione che la Francia e la Germania vogliano soprattutto salvare le proprie banche, molto esposte al debito italiano e greco.

Mario Monti avrebbe potuto usare questa leva per spingere la Germania a una maggiore solidarietà. Avrebbe dovuto utilizzare lo spettro della caduta dell’euro e spingere i governanti europei ad agire, per esempio emettendo degli euro bond e aiutando i paesi in difficoltà. Mario Monti avrebbe potuto anche chiedere alla Germania di ammorbidire la propria posizione sul ruolo della BCE nella crisi del debito. Berlino si oppone all’acquisto da parte della BCE del debito sovrano dei paesi della zona euro. In base alla dichiarazione stessa dei dirigenti, l’Europa poteva fare a meno della Grecia, ma non dell’Italia.

Non c’è alternativa all’austerità?
Non dico di essere d’accordo su tutte le misure che obbligano la popolazione a continuare a tirare la cinghia, ma abbiamo bisogno di crescita. Non solo, bisogna che sia solida. Un tasso di crescita del 2% nei prossimi due anni non risolve nulla. Si può anche usare l’arma dell’inflazione per fare abbassare l’indebitamento, ma questa soluzione è inaccettabile per la Germania. È anche contraria al primo compito della BCE, che è il controllo dell’inflazione. In realtà non credo che le misure prese dal governo Monti condurranno ad una sferzata al consumo, a creare posti di lavoro e rilanciare l’economia e, senza crescita, le entrate statali diminuiscono. In breve, la prospettiva è un circolo vizioso. È desolante vedere che i rimedi che vengono applicati all’Italia sono già stati sperimentati senza risultato in Grecia. Non abbiamo imparato nulla da quello che è accaduto nella penisola ellenica.

Mario Monti non può aspettare una solidarietà europea per uscire da questa difficile situazione?
E’ stupendo avere una persona rispettabile a capo del governo; ma è più importante avere un capo che possa decidere in prima persona se la situazione lo esige, e Mario Monti non lo è. Lui mira a nuovi finanziamenti a tassi accettabili, ma così non va. La settimana scorsa abbiamo festeggiato troppo il fatto che l’Italia ha incassato 4 miliardi di euro, visto che gli interessi erano arrivati a quasi l’8 percento annuo. A questi tassi i finanziatori si faranno avanti senza tanti problemi, tanto più perché sanno che i buoni emessi sono garantiti dallo Stato o dal Fondo Europeo di Stabilità Economica. Sappiamo che la sola idea che un paese come l’Italia possa fallire fa tremare le istituzioni finanziarie europee. A titolo d’esempio, la compagnia assicuratrice tedesca Allianz possiede 28,6 miliardi di crediti italiani.

Come può L’Italia rilanciare la propria crescita?
Non abbiamo bisogno di investimenti per pagare stipendi di lavori inutili. Tali stipendi devono essere piuttosto indirizzati alla produzione di ciò che i consumatori vogliono e chiedono. Tuttavia il clima non è favorevole. La burocrazia ha ucciso l’imprenditoria italiana. Negli Stati Uniti un’azienda impiega sette anni per entrare in borsa, da noi ce ne vogliono 40! Abbiamo bisogno di spinte alla crescita come [è stato fatto] in Cina, in India e negli altri paesi emergenti. Da noi, quando un giovane prende un’iniziativa, che non va a buon fine, tutti lo prendono in giro. Negli Stati Uniti non c’è da vergognarsi se non si fa centro al primo colpo. Da questo punto di vista la cultura italiana è intollerabile.

10 gennaio 2012

Chi più guadagna meno sacrifici fa

Redditi da record nonostante la severa linea di risparmio

Pubblicato in Svizzera il 3 gennaio 2012 su Neue Zürcher Zeitung
Traduzione di Claudia Marruccelli per ItaliaDallEstero

I parlamentari italiani hanno gli stipendi più alti nel confronto europeo

Nell’ambito delle discussioni sul risparmio gli stipendi degli eletti del popolo sono di nuovo nell’occhio del ciclone. Secondo un recente sondaggio i parlamentari italiani hanno i redditi più elevati di tutti i paesi europei.

Benzina sul fuoco nelle polemiche sul risparmio italiano arriva da un rapporto dell’ISTAT. Secondo le cifre pervenute dalla commissione che ha effettuato il sondaggio, se si fa un confronto con i colleghi europei, gli stipendi più alti sono quelli dei parlamentari del Bel Paese.

In media un parlamentare italiano guadagna circa 16.000 euro lordi (mensili). Significa il 60 percento in più rispetto alla media europea, così scrive il Corriere della Sera sul suo sito. Non sono però inclusi i 3690 euro che gli onorevoli prendono per le spese di rappresentanza e per i propri collaboratori.

Al secondo posto della lista dei politici meglio retribuiti si collocano i deputati francesi (13.500 euro), subito dopo seguono i colleghi tedeschi (12.600 euro). I meno fortunati sono per esempio i parlamentari spagnoli con uno stipendio mensile di 4630 euro.

Il quotidiano fa riferimento a dati resi noti recentemente da una commissione diretta dal presidente dell’ISTAT Enrico Giovannini. Però il rapporto che era stato incaricato dall’allora governo Berlusconi fa notare anche che le cifre devono essere prese con le dovute precauzioni.

I parlamentari vengono retribuiti diversamente a seconda del paese – al regolare stipendio mensile si aggiungono anche le spese per le trasferte e le indennità parlamentari. Inoltre i numeri resi pubblici sono da intendere come “provvisori” e “insufficienti per una manovra legale”.

Tenuto conto della rigida linea di risparmio adottata dal governo Monti in Italia ora si è riaccesa la polemica anche sulle rendite dei parlamentari. Il premier ha imposto misure più incisive alla Camera ed il Senato affinché dispongano delle riduzioni.

28 novembre 2011

UNA STORIA TUTTA ITALIANA

Una storia italiana


di Miriam Ronzoni
Pubblicato in Svizzera il 26 novembre 2011su Neue Zürcher Zeitung
Traduzione di Claudia Marruccelli per ItaliaDallEstero
Pubblicata su il Fatto Quotidiano

Come è stato possibile che Silvio Berlusconi sia rimasto così a lungo al potere.

„Una storia italiana“, così titola un opuscoletto elettorale sulla vita di Berlusconi, che il suo partito ha inviato nel 2001 ad ogni famiglia italiana. La particolarità italiana in questa biografia si riferisce alla carriera politica del cavaliere, promossa da un sistema tutt’ora in vigore.

Il Gattopardo Film
„Tutto deve cambiare, così che tutto resti così com’è!“ Questa è la reazione del giovane Tancredi nel Gattopardo – capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958, ambientato nella Sicilia del 1860 -, quando Don Fabrizio si indigna alla notizia che il giovane nipote annuncia di volersi unire ai garibaldini. Con queste parole Tancredi vuole tranquillizzare lo zio: l’ordine sociale può essere mantenuto solo in un’Italia unita, e solo una partecipazione attiva dei nobili stessi alla rivoluzione potrà impedire la creazione di una repubblica.

Nel linguaggio politico italiano e giornalistico l’aggettivo „gattopardesco“ viene utilizzato in quelle apparenti manovre politiche che servono a camuffare i reali rapporti di potere. L’ingresso in politica di Berlusconi, il suo successo e la sua supremazia sulla scena politica durata quasi oltre 20 anni, possono essere definiti, almeno in buona parte come “gattopardeschi”, almeno per tre buoni motivi.

Bettino Craxi figura chiave

Bettino Craxi e Silvio Berlusconi a Hammamet (Tunisia)
In primo luogo Berlusconi è un uomo d’affari, un prodotto della prima repubblica, di quel sistema politico, che ha caratterizzato la storia italiana dalla proclamazione della repubblica nel 1946 fino alle vicende di Mani Pulite all’inizio degli anni novanta. Negli anni settanta ed ottanta è riuscito a creare il suo impero immobiliare e mediatico soprattutto grazie all’appoggio di Bettino Craxi, capo dell’allora partito socialista italiano e più volte primo ministro. Il cosiddetto “Decreto-Berlusconi” del 1984 per esempio gli ha permesso, di introdurre a livello nazionale più di un canale televisivo privato. Il crollo della Prima Repubblica,– causato dal fallimento del vecchio sistema partitico, dall’introduzione di una nuova normativa elettorale e dalle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto Craxi e molti eminenti ex politici – nel frattempo lasciò Berlusconi indifeso. Quindi, secondo molti osservatori, il suo ingresso in prima persona in politica, è servito soprattutto, per proteggere in ogni modo possibile i propri affari da ogni forma di controllo politico e giudiziario .

In secondo luogo, nonostante il fallimento politico degli anni novanta, a Berlusconi si può attribuire un importante elemento della prima repubblica. Il sistema elettorale proporzionale e una coalizione partitica di maggioranza permanente, dominata a lungo dal centro e sotto la guida dei democristiani, senza un giusto ricambio di potere, hanno caratterizzato il vecchio sistema. Con il fallimento di tutti i partiti politici di spicco (in particolare la democrazia Cristiana e il Partito socialista) a causa della vicenda Mani Pulite degli anni novanta, si è arrivati ad un sistema elettorale maggioritario, che ha permesso finalmente un ricambio al potere. Però ciò che non è cambiato è stato l’assurdo livello di corruzione della prima repubblica manifestatosi soprattutto con il sistema clientelare della vecchia struttura partitica. I partiti erano soprattutto strumenti per negoziazioni tra la classe politica e le lobby del potere, che erano in grado di raccogliere un gran numero di elettori; tra cui gli imprenditori – e persino la mafia. Siccome soprattutto i partiti ne erano interessati, per ottenere il sostegno di questi importanti protagonisti sociali, i cittadini e i militanti hanno sempre avuto difficoltà a chiedere ai partiti la responsabilità di influenzare più direttamente l’agenda politica. Fondando un suo proprio partito – Forza Italia divenuto poi Popolo della Libertà – Berlusconi ha creato una nuova forza politica, atta a perseguire questi vecchi scopi sotto una nuova veste. Ecco come si spiega il veloce successo del partito dopo l’ascesa in politica di Berlusconi, non solo quindi grazie al suo potere mediatico.

In terzo luogo ci si sarebbe aspettati dopo la fine della prima repubblica, che salisse al potere l’ex partito comunista, dopo che era rimasto tagliato fuori dalla coalizione di governo per quarant’anni, nonostante i consistenti risultati elettorali e nonostante fosse rimasto coinvolto solo marginalmente dagli scandali per corruzione. Ma nel 1994 a grande sorpresa Berlusconi, aldilà delle vecchie radici comuniste del partito comunista (ad ogni modo, senza essere identificato con i socialisti di Craxi), ce la fece ad evitare questo cambio al vertice – tra l’altro, mentre si presentava come pioniere della libertà contro la “sovietizzazione” dell’Italia. Una dura batosta per la sinistra italiana, che si è paralizzata, dopo che aveva tentato per la prima volta, di trovare una nuova identità. In tal modo Berlusconi ha potuto preservare un secondo ulteriore importante elemento del vecchio sistema: la natura fondamentalmente conservatrice e la mancanza di una grande forza politica socialdemocratica nel sistema italiano. Da quando la coalizione di centro sinistra è salita al potere (1996-2001 e 2006-2008), il paese non è riuscito realmente e in maniera convincente a reagire sulla base di una chiara agenda politica. Soprattutto non è riuscita a trasformare l’Italia in una socialdemocrazia europea.

Non solo un’anomalia
Una parte dell'impero mediatico di Berlusconi
Alla luce di queste osservazioni la carriera politica di Berlusconi non si può assolutamente definire una anomalia vera e propria, spiegabile solo grazie al suo potere mediatico. Si tratta tuttavia anche di una “Storia italiana” – questo era il titolo di un opuscoletto propagandistico autofinanziato, che il cavaliere in occasione delle elezione del 2001, fece pervenire ad ogni famiglia italiana. Ora la sua personale autorità sulla scena politica italiana è probabilmente alla fine – particolarmente disastrosa oltre che inspiegabile dal punto di vista strutturale. Tuttavia le ragioni che giustificano del suo sorprendente successo non sono scomparse. L’Italia potrà diventare una stabile democrazia solo se verranno affrontati seriamente i seguenti problemi: la soppressione di un sistema clientelare e la nascita di una forza di centro sinistra, che sia in grado, di presentarsi come credibile alternativa al governo, anziché, come è successo nell’immediato passato, lamentarsi solo di Berlusconi.

E’ importante raggiungere questi due traguardi. Non solo perché eliminerebbero finalmente le insufficienze strutturali della democrazia italiana, ma anche, perché il cavaliere ha cambiato piuttosto radicalmente uno dei due. Nonostante le molte manifestazioni di piazza contro il suo regime, che si sono svolte negli ultimi mesi, la società civile italiana non è più quella di una volta. La qualità dei dibattiti politici non è mai stata così bassa; il livello dell’impegno politico e sociale e il grado di informazione dei cittadini mai così pessimo – in un paese, in cui una volta non esistevano le riviste scandalistiche. Persino gli integralisti sono stanchi di indignarsi. Ristabilire un “senso civile”, è da qui che deve partire la più grande sfida per futuro.

Miriam Ronzoni è collaboratrice scientifica per il centro studi Justitia Amplificata dell’Università di Francoforte. Ha recentemente pubblicato il saggio “Social Justice, Global Dynamics” (Routledge, London 2011)
Miriam Ronzoni


10 novembre 2011

Pompei, sul viale del tramonto?

Pompei, metafora del crollo di un Paese

Critica al silenzioso tramonto di Pompei

Titolo originale: Kritik an Pompejis leisem Untergang
Pubblicato su Nzz Online il 31 ottobre 2011
Autore: Romina Spina

Traduzione: Claudia Marruccelli per Italiadallestero
Pubblicata sul Il Fatto Quotidiano

Crollo della Schola Armaturarum
L’Ue prevede di assegnare 105 milioni di euro per il restauro del sito-patrimonio dell’umanità

Gli antichi resti della città di Pompei sono minacciati dal collasso. Dopo l’ultimo crollo l’Ue ha annunciato aiuti economici. Ci sono però grossi dubbi se questi aiuti destinati a salvare il sito, patrimonio dell’umanità situato nell’Italia meridionale, saranno sufficienti a salvarlo dallo sfacelo.

Un anno dopo lo spettacolare crollo della “Schola Armaturarum”, dove un tempo si allenavano per la lotta i gladiatori dell’antica Roma, i resti della antica città di Pompei, vicino a Napoli, sembrano condannati a una seconda lenta distruzione, dopo quella del Vesuvio nel 79 d.C. I crolli che si susseguono sempre più spesso nel sito archeologico, che richiama in Campania ogni anno circa 2.5 milioni di turisti da tutto il mondo, stanno causando aspre discussioni sul vergognoso stato di abbandono e l’incombente degrado di questo inestimabile patrimonio italiano.

La Schola com'era un tempo
Il recente cedimento di un antico muro nei pressi della “Porta di Nola”, ridotto in macerie a causa delle forti precipitazioni lo scorso fine settimana, ha scatenato nuove reazioni indignate riguardo la condizione in cui versa l’antica area di Pompei. Ancora una volta, il Ministro dei Beni Culturali del governo Berlusconi si trova sotto il tiro incrociato della critica a causa delle carenti misure per la tutela e il recupero dell’antica città, parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1997. Pompei nell’ultimo anno ha dovuto subire notevoli tagli ai finanziamenti a causa del perdurare della crisi economica.

Dopo le dimissioni del precedente ministro Bondi, avvenute all’inizio dell’anno e a suo dire causate dal mancato appoggio del governo, nei mesi scorsi il suo successore Gianfranco Galan è stato più volte sotto pressione a causa della scarsa manutenzione di Pompei, pur avendo indicato come prioritaria la conservazione del sito archeologico e promesso maggiori risorse finanziarie per i lavori di restauro dell’area di Pompei in rovina. Ancor più accese sono divenute le note di rimprovero nei confronti di Galan, quando nonostante le rassicurazioni si sono verificati i nuovi crolli.

Ministro Bondi

Nel frattempo il Ministro nel mirino delle critiche deve sperare negli aiuti da Bruxelles. La settimana scorsa l’Unione Europea ha annunciato sovvenzioni economiche che ammontano a 105 milioni di euro per le necessarie e urgenti opere di manutenzione a Pompei. Il commissario europeo alla politica regionale Johannes Hahn ha assicurato, in una conferenza stampa a Roma, che i lavori di restauro cominceranno l’anno prossimo. I finanziamenti dell’Unione Europea sono “un primo passo per il risanamento di Pompei, l’Italia riceve importanti risorse per il sito”, ha fatto notare il sottosegretario di stato Letta. In un primo tempo Hahn si sarebbe dovuto recare a Pompei in veste di massimo esponente dell’UE, per rendersi conto di persona della situazione sul luogo. A causa delle possibili avverse condizioni metereologiche dopo la drammatica alluvione nel nord Italia, il sopralluogo è stato spostato al 7 novembre.

Ministro Galan a Pompei

“Save Pompei”

Intanto ci si chiede se il recente crollo di Pompei sia da imputare soltanto alle scarse risorse finanziarie. Da una parte, i critici giustificano l’attuale politica culturale del governo perché il sito archeologico campano può essenzialmente fare a meno del finanziamento pubblico, poiché in realtà si autofinanzia con i proventi del turismo.

D’altro canto, nelle scorse settimane lo stesso sottosegretario ai Beni Culturali Riccardo Villari ha evidenziato più volte che nel frattempo avrebbe messo a disposizione sufficiente denaro per i primi lavori di risanamento nella antica Pompei. Quindi il sottosegretario, membro del PdL, lascia intendere che la colpa non sarebbe da attribuire ai politici.

Johannes Hahn
Il tremendo ritardo nei lavori di restauro pianificati e nel mantenimento dell’intera zona sarebbe una conseguenza della cattiva amministrazione e dell’estrema inefficienza nella progettazione, come afferma Villari. “Le risorse sono a disposizione. Anche se ne occorrono di più, dovremmo spendere meglio il denaro che abbiamo, tanto per cominciare”, ha dichiarato recentemente il sottosegretario al TG24 di Sky. Pare che nelle casse di Pompei siano disponibili circa 54 milioni di euro provenienti da finanziamenti statali e dal turismo. Villari ha recentemente anche spiegato che i residui passivi ammontano a 500 milioni di euro; occorre quindi mettere la Soprintendenza in condizioni di spendere e utilizzare al meglio questi soldi.

Il sottosegretario ha inviato un appello a tutti quelli che sono interessati alla cultura, tramite la sua iniziativa “Save Pompei”, per adottare concrete misure per il salvataggio delle città in rovina. Accanto alle attese sovvenzioni da parte dell’UE, Villari spera che giungano anche finanziamenti pubblici e privati, oltre a esperti e tecnici di ogni settore disposti a mettere a frutto il loro talento per il recupero di Pompei.

Pompei, cartolina d'epoca
I tentacoli della camorra

Il sito archeologico nel frattempo è esposto a un’altra minaccia. Pompei contribuisce ogni anno con milioni di euro alle finanze regionali non solo grazie agli introiti provenienti dal settore turistico, ma riceve anche sovvenzioni economiche da enti italiani ed internazionali.

È ora evidente che la malavita organizzata sarebbe coinvolta nella gestione degli affari che riguardano Pompei. Nell’amministrazione del sito archeologico di Pompei si teme la presenza della Camorra, che in Campania – regione roccaforte – non perde occasione per arricchirsi.

Anche Villari ha parlato della presenza della camorra nell’ambito dei lavori di restauro. Dopo la concessione dei finanziamenti dell’UE, il Ministero della Cultura insieme alla Procura della Repubblica e le autorità poliziarie hanno voluto rafforzare i controlli intorno all’affare Pompei, secondo quanto ha dichiarato il sottosegretario. Tuttavia resta la triste consapevolezza che la camorra voglia trarre profitto anche dal patrimonio mondiale.
Pompei ai piedi del Vesuvio

22 giugno 2011

I cittadini italiani ne hanno abbastanza di Berlusconi

Italiens Bürger haben genug von Berlusconi

di Nikos Tzermias– 14 giugno 2011
Pubblicato in: Svizzera su NZZ
Traduzione di ItaliaDallEstero.info

Nach den Referendenniederlagen: Ein nachdenklicher Berlusconi. (Bild: Keystone / AP)

Sonora sberla nei diversi quesiti referendari

Il primo ministro italiano Berlusconi ha preso un’altra sberla nei referendum contro il nucleare e contro altre leggi discutibili. Il leader dell’opposizione ha esortato nuovamente il Primo Ministro a dimettersi
Il Presidente del Consiglio Berlusconi che, a causa dei suoi problemi legali, scandali e delle sue promesse campate in aria, vede da mesi precipitare la sua popolarità, lunedì ha subito un’altra pesante sconfitta. A sole due settimane di distanza dalla sonora disfatta nelle elezioni amministrative, nei quattro referendum pare che gli elettori abbiano voluto ulteriormente ribadire che del «Cavaliere», che condiziona la vita politica dall’Italia dal 1994, ne hanno abbastanza.

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11 maggio 2011

Fratelli che si mettono d'accordo - Zwei Brüder arrangieren sich

Basler Zeitung: Zwei Brüder arrangieren sich

di Oliver Meiler– 27 aprile 2011

Trad. di Claudia Marruccelli

L’Italia e la Francia vogliono modificare Schengen, in modo da dover accogliere il minor numero di profughi possibile. Lo scopo è riallacciare un rapporto di buon vicinato in pezzi – e rispondere al populismo di destra in entrambi i paesi.

La tanto proclamata amicizia tra francesi ed italiani in questi giorni ha bisogno di molte attestazioni verbali per appianare le enormi questioni sui profughi nordafricani, sull’intervento militare in Libia e sulle aspre acquisizioni economiche che oltrepassano i confini dell’economia privata.

Nicolas Sarkozy è stato costretto martedì a Roma a dare dimostrazione della „immensa gioia“ che lo travolge, quando viene in Italia, questa “terra ospitale” che è nel cuore di ogni francese, terra così culturalmente vicina al presidente francese. E l’ospite Silvio Berlusconi buttava qua e là, alla fine della conferenza stampa, un “Si Nicolas!” oppure un “Sono d’accordo!”, con quel francese senza accento che ha appreso quando da giovane faceva il cantante sulle navi da crociera. Tuttavia l’armonia era tutta una farsa. Il vertice di ieri è da considerarsi una seduta anticrisi, convocata frettolosamente, per mitigare il calo dei voti della settimana scorsa.

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11 aprile 2011

Rubygate e Italia, un paese fuori controllo - Rubygate und Italien – ein Land ausser Rand und Band


Tages Anzeiger: Rubygate und Italien – ein Land ausser Rand und Band
di René Lenzin
(Trad. Claudia Marruccelli)

Mercoledì inizia a Milano il processo contro Berlusconi per concussione e prostituzione. La vicenda va oltre il caso eccezionale.

Mettiamo da parte per una volta la discutibile questione, se il primo ministro italiano abbia fatto sesso a pagamento con la allora 17enne marocchina Ruby Rubacuori. Resta un fatto: Berlusconi in persona ha telefonato a fine maggio alla questura di Milano, per fare pressioni affinché la stessa Ruby, fermata per furto, venisse rilasciata. Quand’anche egli avesse davvero creduto, che si trattava di una nipote dell’ex presidente egiziano Hosni Moubarak: in quale paese democratico dopo una simile vicenda un capo di governo non avrebbe rassegnato le proprie dimissioni?

Perché in Italia non è così? Questa è la domanda più frequente, che si pongono – e non per la prima volta - gli osservatori stranieri in relazione a Berlusconi. Le risposte verranno dal “Rubygate”, il processo contro il premier che inizierà la settimana prossima e che fornirà chiarimenti sul caso Italia, che consiste in qualcosa di più del semplice caso specifico [che coinvolge] Berlusconi.

Nicole Minetti
La Maitresse in Parlamento

Figura chiave in tutta la vicenda Rubygate è Nicole Minetti, 26enne consigliere regionale del PdL in Lombardia. Assieme al direttore del TG4 Emilio Fede e al manager dei vip Lele Mora avrebbe procacciato quelle circa 45 ragazze, con cui secondo le accuse il premier si è trastullato. Su ognuno dei tre incombe un’imputazione per sfruttamento della prostituzione.

La Minetti è stata l’igienista dentale di Berlusconi, prima di aver partecipato a qualche programma televisivo e di aver fatto il suo ingresso in politica. É stata eletta alle elezioni [regionali], in base ad una legge elettorale votata precedentemente dal secondo governo Berlusconi e che poi lo stesso ministro competente ridendo aveva definito una “porcata”. Vengono stilate liste elettorali che non possono essere modificate, che danno ai capi di partito ogni diritto di scelta. E ciò per concedere incarichi, sontuose ricompense e altri privilegi come i vitalizi per una sola legislatura.
Emilio Fede, Lele Mora e Ruby
Giustizia fai da te della magistratura

La maggior parte di ciò che il pubblico conosce del ruolo della Minetti nel caso Rubygate, lo ha appreso da indiscrezioni provenienti dalle autorità inquirenti. Il fatto che parecchi quotidiani italiani pubblicano con regolarità e in maniera dettagliata i risultati degli interrogatori e delle intercettazioni telefoniche, fa giungere ad una sola conclusione: essi [i giornali] vengono sistematicamente tenuti informati da documenti strettamente confidenziali provenienti dagli ambienti giudiziali – e non solo nella vicenda Ruby. Quindi la giustizia che già è frustrata dai continui attacchi di Berlusconi e che è sofferente per un organico ormai da tempo sottodimensionato, asseconda il colpevolismo mediatico. E viola i principi fondamentali del diritto pubblico come quello della presunzione di innocenza.

Della giustizia fai da te della magistratura, in Italia se ne parla poco. Tranne nel caso in cui il quotidiano Il Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi attacca il procuratore Ilda Boccassini, che sostiene l’accusa nella vicenda Ruby. Immediatamente il Consiglio Superiore della Magistratura ha avviato un’indagine interna contro le indiscrezioni. Simili retroscena alimentano gli attacchi dalla coalizione di destra, giudici e pubblici ministeri hanno perseguito le linee guida politiche della sinistra o per lo meno si sono presentati come un inviolabile stato nello stato.

Trasparenza senza trasparenza

I giornali dedicano numerose pagine a queste indiscrezioni, senza scrupolo e spesso indipendentemente dalla rilevanza penale del fatto. In particolare ci si sono messi di impegno i due corrispondenti dal tribunale del quotidiano La Repubblica, Piero Colaprico e Giuseppe D’Avanzo. Per esempio il 16 marzo, il giorno in cui un’inquirente milanese ha deciso di processare Berlusconi con rito abbreviato. In quel caso hanno descritto un interrogatorio di Ruby avvenuto il 3 agosto 2010, come se vi fossero stati presenti. Nocciolo della questione: Ruby avrebbe detto a Berlusconi di essere minorenne. Il 16 febbraio Anche il Corriere della Sera scrisse che quel 3 agosto ebbero luogo due interrogatori. Ruby sarebbe caduta in contraddizione rispondendo alla domanda, se Berlusconi era a conoscenza della sua vera età.

La Repubblica aveva fonti di informazioni diverse, forse molto meno affidabili del Corriere della Sera? O i giornali perseguono un ordine del giorno assegnato loro da Berlusconi? Perché non hanno pubblicato gli atti su Internet dopo lo scoop, in modo che i lettori stessi potessero farsene un’idea? “ Nella vicenda Ruby sono fiero di ogni indiscrezione che riesco a pubblicare” ha riferito brevemente Colaprico ad un giornalista straniero a Milano.

Il nemico del mio nemico

Ruby non è l’unico processo, che Berlusconi deve affrontare in questi giorni. Nel frattempo il parlamento discute in merito alla riforma della giustizia una nuova legge, che permetterebbe a Berlusconi di liberarsi di uno di questi processi. Inoltre questa settimana sono avvenuti tafferugli nella camera dei deputati, che hanno visto come protagonista il ministro per la difesa Ignazio La Russa. La Russa avrebbe offeso non solo [i deputati della ] sinistra, ma anche il presidente della Camera Gianfranco Fini.

Fini non ha considerato questo attacco rivolto alla sua persona, bensì alle istituzioni statali, così come di norma fa nei confronti degli attacchi della coalizione di governo, da quando ha rotto con Berlusconi. Il fatto che Fini stesso mini questa istituzione, mentre allo stesso tempo ricopre il ruolo di leader dell’opposizione e – sostanzialmente super partes – resti presidente della Camera, non sembra preoccuparlo. E nemmeno gli altri partiti dell’opposizione, che di solito chiedono ad alta voce più dignità nei confronti delle istituzioni. Com’è che si dice nelle alte sfere della politica: “Il nemico del mio nemico è mio amico”.

Berlusconi e Ruby
La principessa al ballo delle debuttanti

Di nuovo parliamo di Ruby. Comparirà in processo sia come testimone per l’accusa che per la difesa. Come vittima della prostituzione minorile dal punto di vista dell’accusa lei è anche parte lesa. Non è una beffa? Una 17enne, che si spaccia per 24enne e ne ha anche l’aspetto e che sembra avere un unico scopo nella vita: diventare famosa e ricca prima possibile. Che sembra che parli del più o del meno negli interrogatori e nelle intercettazioni telefoniche. Che si gusta le sue apparizioni televisive tra le lacrime e salutando a gesti. Che si fa portare a Vienna in jet per fare il suo ingresso al ballo delle debuttanti come una principessa.

Cosucce, verrebbe da dire. Se si trattasse di un caso isolato e non delle centinaia di ragazze, che mirano a raggiungere esattamente il medesimo scopo. Ma finora [ a loro] non gli è riuscito, come a Ruby, Noemi Letizia o Patrizia D’Addario metter piede nella camera da letto di Berlusconi.

06 aprile 2011

La decadente vita politica italiana - La déliquescente vie politique italienne

Giorgio Napolitano e Sivio Berlusconi
Le temps: La déliquescente vie politique italienne


La decadente vita politica italiana

Secondo il Presidente della repubblica, il parlamento italiano si è lasciato andare ad uno spettacolo “intollerabile”.
Nell’ottobre del 2001, Silvio Berlusconi occupava già la funzione di Presidente del consiglio italiano. In occasione di un viaggio a Berlino, egli dichiarava pubblicamente la “superiorità della civiltà occidentale” sull’islam e sul mondo arabo mussulmano. Un sistema a buon mercato di fare propria la tesi di Samuel Huntington sul contrasto/sull’impatto delle civiltà. Eppure questa settimana, la democrazia parlamentare italiana non ha dimostrato di essere animata da uno spirito particolarmente superiore a quello che anima i futuri sostenitori della democrazia della primavera araba.

“Vietnam parlamentare”

Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei deputati, ha dato di sé “uno spettacolo intollerabile, che rischia di minare la credibilità delle istituzioni e di sconcertare i cittadini. Non si può più continuare così.” Il Presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, ultima roccaforte contro la frammentazione della vita politica italiana, suona il campanello d’allarme. Per tentare di salvare il salvabile, ha convocato d’urgenza al Quirinale i capigruppo parlamentari per porli di fronte alle proprie responsabilità.
Giovedì, gli italiani hanno assistito, secondo il Corriere della Sera, ad un “Vietnam parlamentare” [riunito] in seduta plenaria. Un deputato della Lega Nord ha dato dell’ “handicappata di merda” ad una rappresentante tetraplegica del Partito Democratico. Il Ministro della difesa , Ignazio La Russa, che un deputato del PD ha definito “fascista”, ha rifiutato di farsi mettere in riga dal Presidente della camera, Gianfranco Fini, apostrofandolo con un sonoro “vaffanculo”. Quest’ultimo è stato bersaglio di un deputato infuriato che gli ha lanciato contro un giornale.
L’oggetto del dibattito di Montecitorio, era in verità particolare. Il gruppo di Silvio Berlusconi, il PdL, ha giudicato prioritaria l’adozione di una legge ad personam sul processo breve, al fine di permettere al Cavaliere di sfuggire ad un’eventuale condanna, nel processo del suo ex avvocato britannico David Mills, in quanto sospettato di corruzione per falsa testimonianza. Il Ministro degli affari esteri Franco Frattini ha persino messo da parte la vicenda libica per essere sicuro che il parlamento potesse in tutta fretta invertire l’ordine del giorno. Eppure l’urgenza, in Italia, non sono le grane giudiziarie di Berlusconi, ma la questione libica e la crisi economico finanziaria. Dal 2004, la disoccupazione non è mai stata così elevata (8.4%) e raggiunge la preoccupante soglia del 28.1% nei giovani.

Vicenda Mills
Lo stesso destino di Craxi
Dopo una seduta rocambolesca, i deputati alla fine hanno respinto il colpo di mano dei sostenitori di Berlusconi. Dovranno votare di nuovo martedì prossimo, il giorno precedente la comparizione del cavaliere al tribunale di Milano per la vicenda Ruby, una prostituta marocchina, che Berlusconi avrebbe abbondantemente pagato per partecipare alle sue serate erotiche nella sua villa di Arcore.
L’episodio parlamentare ha lasciato degli strascichi. Per il Corriere della Sera, la democrazia italiana “oggi è più fragile che mai”. Nel quotidiano La Repubblica, l’editorialista Curzio Maltese parla di “malattia degenerativa di una democrazia”. Giovedì, un gruppo di persone assiepate di fronte al parlamento ha lanciato monetine sul ministro La Russa in segno di disprezzo.

Silvio Berlusconi e Bettino Craxi
Il leader socialista Bettino Craxi, già processato per corruzione, ha subito esattamente lo stesso destino nel 1993, nel momento in cui l’Italia attraversava la sua peggior crisi – Tangentopoli – dalla fine della seconda guerra mondiale, e che annunciò il crollo dei due partiti pilastro della Prima repubblica, il PS e la DC. Di fronte al triste spettacolo dei politici italiani e della “Repubblica personale” di Silvio Berlusconi, i transalpini [gli italiani ndt] perdono la pazienza. Dopo essere riuscito nell’aprile 2008 (dopo il 1994 e il 2001) a incantare una terza volta questi italiani che non si ritrovano in una sinistra scoppiata e senza un solido programma, il cavaliere è irritante. Il berlusconismo, questa macchina da guerra, alimentata da un marketing mediatico quasi scientifico e volgare, che ha reso la politica quasi un anacronismo, ha lasciato campo libero alla guerriglia tra singoli, all’optional, alla futilità. Risultato: il 73% degli italiani disprezzano il proprio parlamento. Non ci si deve meravigliare se, nel momento in cui il paese festeggia nella più totale disunione il 150° anniversario della sua unità, la sola risposta a questa crisi sembra essere l’indizione di elezioni anticipate prima dell’estate. La seconda repubblica, nata dalla pulizia effettuata dall’operazione Mani Pulite, non solo ha deluso, ma ha fatto precipitare l’Italia in una instabilità pericolosa.

Tangentopoli