Gli italiani hanno pensato che bastasse far parte dell’UE per essere al riparo da crisi economiche
di Ram Etwareea – 31 gennaio 2012
Pubblicato in Svizzera il 31/01/2012 su Le Temps
Traduzione di Claudia Marruccelli per ItaliaDallEstero
Salvatore Cantale, docente di finanza alla IMD [International Institut for Management Development, N.d.T.] di Losanna, fa un’analisi obiettiva e super partes della crisi economica e sociale che sta colpendo l’Italia
L’Italia è in pieno fermento. Il governo di transizione si sta dando da fare per portare a termine la ristrutturazione economica ed il risanamento del bilancio statale. Sommerso da un gravoso indebitamento, lo Stato cerca gli strumenti per ridurre le spese ed aumentare le entrate con un nuovo piano di riforme che doveva essere varato venerdì scorso. Salvatore Cantale, docente alla IMD, fa un’analisi dei fatti.
Lei è stato in Italia di recente? Che atmosfera si respira laggiù, tre mesi dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi e l’insediamento al vertice del paese di un governo ad interim?
Sono stato in Sicilia a Natale, dove ho trascorso due settimane con la mia famiglia. Laggiu’ la gente è arrabbiata ma allo stesso tempo rassegnata, è preoccupata di quello che sta accadendo in Italia e sa che sarà difficile rimettere in carreggiata il paese. Si rende conto che la recessione sta prendendo piede. Ho anche notato un sentimento di abbandono al proprio destino, lo stesso che ho rilevato recentemente in Grecia. Ma allo stesso tempo, gli italiani si aspettano che i responsabili politici indichino la via da seguire. Ciò non vuol dire che abbiano fiducia in loro, ma sono coscienti che non possono fare nulla in prima persona. Questo comportamento è ben diverso da quello che prevale negli Stati Uniti, dove la gente si domanda cosa può fare per uscire da questa difficile situazione. In Italia, come in Europa, le persone si affidano ai politi, anche se questi non godono di alcun credito. In Sicilia un giovane diplomato su due è disoccupato.
Quale eredità ha lasciato all’Italia Silvio Berlusconi?
Tutti gli indicatori economici – crescita, disoccupazione, deficit statale, debito pubblico – sono in uno stato peggiore rispetto a venti anni fa. Non siamo neanche più competitivi. Le piccole e medie imprese, motore dell’economia italiana, non hanno più la stessa vitalità. Il mondo degli affari non si identificava più in lui, si è sentito tradito. Quando è entrato in politica, Silvio Berlusconi, a capo di un impero immobiliare e mediatico, veniva considerato come l’esempio dell’uomo di successo. Aveva posto fine a decenni di governi precari. Sul piano politico però, l’epoca Berlusconi ci hanno fatto perdere la fiducia nella classe politica.
In queste circostanze, Mario Monti, il primo ministro a capo del governo in attesa delle elezioni politiche del 2013, è arrivato come un salvatore …
Certamente dà speranza. Gli italiani pensano che Mario Monti e il suo governo di professori non siano al potere per trarre vantaggi personali. L’ho gia’ conosciuto: è una persona che ispira fiducia. Temo però che la speranza venga delusa. Gli italiani non hanno ancora idea delle sofferenze che dovranno subire nei prossimi tre-cinque anni. La cura a base di tagli adottata dal governo è senza precedenti. Il suo obiettivo è di risparmiare 20 miliardi di euro e raggiungere il pareggio in bilancio nel 2013. Sarà difficile, ma se vogliamo meritarci il posto all’interno del G7, questa è la via da seguire.
Dobbiamo temere crisi sociali a causa del programma di austerità?
Gli italiani dovranno tirare la cinghia e fare sacrifici. Guardate ad esempio le manifestazioni dei liberi professionisti (tassisti, avvocati, notai) che si oppongono all’apertura del loro settore alla libera concorrenza. La liberalizzazione permetterà l’accesso [nel mondo del lavoro] a più persone, ma ridurrà i loro profitti. Quando si tratta della teoria tutti sono d’accordo a prendere provvedimenti, ma quando vengono toccati personalmente, non ci stanno. In Italia, lo Stato e i sindacati hanno sempre protetto le professioni per scopi elettorali. La crisi economica e sociale che ci sta colpendo è il risultato di una politica conservatrice vecchia di cinquant’anni. La mancanza di concorrenza ha ucciso gli investimenti, lo spirito d’impresa e l’innovazione. Molti italiani hanno creduto che bastasse far parte dell’UE per sentirsi al riparo da crisi economicche e sociali. Ma non abbiamo fatto nulla per adattarci. Per esempio, gli italiani non conoscono le lingue straniere. Oggi non sono in grado di approfittare dell’apertura del mercato del lavoro all’interno dell’UE, ma criticano quelli che vengono a lavorare a casa nostra. Il lavoro, come fattore di produzione è fermo. Gli italiani pensano che saranno sempre al centro del mondo.
Qual è il margine di manovra di cui dispone il governo Monti?
Ha fatto approvare alcune leggi che mirano a riassestare il bilancio statale, in particolare aumentando le imposte e tagliando le spese. Per il futuro, propone di liberalizzare alcune professioni. Vorrebbe anche privatizzare alcune aziende statali, per esempio il servizio bancario delle Poste, l’energia e le autostrade. Personalmente penso che non abbia alcun margine di manovra nei confronti dell’UE. Non ha alcun potere di trattativa con Angela Merkel e Sarkozy, che sono i pezzi massimi dell’economia europea. Chiede inutilmente che la Germania s’impegni maggiormente per fare abbassare i tassi di interesse che l’Italia deve pagare per rifinanziarsi sul mercato. Molti italiani, ma anche molti greci, hanno l’impressione che la Francia e la Germania vogliano soprattutto salvare le proprie banche, molto esposte al debito italiano e greco.
Mario Monti avrebbe potuto usare questa leva per spingere la Germania a una maggiore solidarietà. Avrebbe dovuto utilizzare lo spettro della caduta dell’euro e spingere i governanti europei ad agire, per esempio emettendo degli euro bond e aiutando i paesi in difficoltà. Mario Monti avrebbe potuto anche chiedere alla Germania di ammorbidire la propria posizione sul ruolo della BCE nella crisi del debito. Berlino si oppone all’acquisto da parte della BCE del debito sovrano dei paesi della zona euro. In base alla dichiarazione stessa dei dirigenti, l’Europa poteva fare a meno della Grecia, ma non dell’Italia.
Non c’è alternativa all’austerità?
Non dico di essere d’accordo su tutte le misure che obbligano la popolazione a continuare a tirare la cinghia, ma abbiamo bisogno di crescita. Non solo, bisogna che sia solida. Un tasso di crescita del 2% nei prossimi due anni non risolve nulla. Si può anche usare l’arma dell’inflazione per fare abbassare l’indebitamento, ma questa soluzione è inaccettabile per la Germania. È anche contraria al primo compito della BCE, che è il controllo dell’inflazione. In realtà non credo che le misure prese dal governo Monti condurranno ad una sferzata al consumo, a creare posti di lavoro e rilanciare l’economia e, senza crescita, le entrate statali diminuiscono. In breve, la prospettiva è un circolo vizioso. È desolante vedere che i rimedi che vengono applicati all’Italia sono già stati sperimentati senza risultato in Grecia. Non abbiamo imparato nulla da quello che è accaduto nella penisola ellenica.
Mario Monti non può aspettare una solidarietà europea per uscire da questa difficile situazione?
E’ stupendo avere una persona rispettabile a capo del governo; ma è più importante avere un capo che possa decidere in prima persona se la situazione lo esige, e Mario Monti non lo è. Lui mira a nuovi finanziamenti a tassi accettabili, ma così non va. La settimana scorsa abbiamo festeggiato troppo il fatto che l’Italia ha incassato 4 miliardi di euro, visto che gli interessi erano arrivati a quasi l’8 percento annuo. A questi tassi i finanziatori si faranno avanti senza tanti problemi, tanto più perché sanno che i buoni emessi sono garantiti dallo Stato o dal Fondo Europeo di Stabilità Economica. Sappiamo che la sola idea che un paese come l’Italia possa fallire fa tremare le istituzioni finanziarie europee. A titolo d’esempio, la compagnia assicuratrice tedesca Allianz possiede 28,6 miliardi di crediti italiani.
Come può L’Italia rilanciare la propria crescita?
Non abbiamo bisogno di investimenti per pagare stipendi di lavori inutili. Tali stipendi devono essere piuttosto indirizzati alla produzione di ciò che i consumatori vogliono e chiedono. Tuttavia il clima non è favorevole. La burocrazia ha ucciso l’imprenditoria italiana. Negli Stati Uniti un’azienda impiega sette anni per entrare in borsa, da noi ce ne vogliono 40! Abbiamo bisogno di spinte alla crescita come [è stato fatto] in Cina, in India e negli altri paesi emergenti. Da noi, quando un giovane prende un’iniziativa, che non va a buon fine, tutti lo prendono in giro. Negli Stati Uniti non c’è da vergognarsi se non si fa centro al primo colpo. Da questo punto di vista la cultura italiana è intollerabile.
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