11 luglio 2011

Il canto del cigno milanese

Data: mardi Articolo pubblicato su Slate.fr il 24 maggio 2011
Di  Margherita Nasi

Traduzione di Claudia Marruccelli
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Il canto del cigno milanese

Il terremoto, uno shock, una breccia da rinsaldare? I titoli della stampa italiana vanno di pari passo con lo “schiaffo” accusato da Berlusconi e dai suoi alleati in alcune città del nord Italia, loro territorio/bacino elettorale, in occasione del primo turno delle elezioni amministrative, il 15 e 16 maggio. La Lega Nord perde più di 3 punti a Torino, 5 nella provincia di Treviso e 6 nella provincia di Pavia. Il PDL ne perde ancor più: 12 punti a Ravenna, 10 a Rimini, 15 a Trieste, 10 a Bologna …

Ma il risultato più sconvolgente è senza dubbio a Milano, città simbolo per per vari motivi. , “Feudo politico” di Silvio Berlusconi, come ricorda Philippe Foro, autore di L’Italia di Mussolini e Berlusconi: “Berlusconi è nato a Milano, fa parte del consiglio comunale dal 1994, e la destra ha la maggioranza nella capitale economica italiana da una ventina di anni”. Il presidente del consiglio aveva fatto dello scrutinio milanese un referendum sulla propria persona, chiamando i cittadini a votare il suo nominativo per lui nella lista del partito.

Le elezioni amministrative comunali sono anch’esse un simbolo importante per il cavaliere, poiché è in questa occasione che entro’ in politica nel 1993, dopo la vittoria della sinistra. Silvio Berlusconi allora rifiuto’ di accettare la vittoria alle successive legislative annunciata dei “comunisti”, e l’anno dopo, fu eletto per la prima volta presidente del consiglio. Diciassette anni più tardi, la destra per la prima volta è in ballottaggio e rischia di perdere.

Certo, Giuliano Pisapia, candidato della sinistra, dovrà attendere i risultati del secondo turno, il 29 e il 30 maggio, prima di cantar vittoria nei confronti della sua rivale del Popolo della Libertà, Letizia Moratti, ma ciò non toglie che queste elezioni sono una doccia fredda per Silvio Berlusconi. Contrariamente alle sue abitudini, questo grande comunicatore, i giorni successivi a questi risultati, si è trincerato in un eloquente silenzio. Ha di che essere preoccupato: il suo feudo gli ha preferito un ex comunista. Segnale che annuncia la fine della sua era?

“E’ un segno evidente della sconfitta del personaggio Silvio Berlusconi” osserva Vincenzo Susca, professore associato di Sociologia dell’immaginario, presso l’università Paul-Valéry Montpellier 3 e autore del saggio All’ombra di Berlusconi. “C’è qualcosa che assomiglia al vetusto, all’obsoleto, qualcosa che sa di “star sorpassata”. Ma se i media e i commentatori sono d’accordo sull’importanza di questi risultati, ciò non impedisce loro di essere molto prudenti sull’analisi dello smacco milanese. Poiché non è ancora suonata la campana della fine di Berlusconi.

Il presidente del consiglio ha delle ottime possibilità di rimanere in carica fino alle prossime elezioni nel 2013, “a meno che il secondo turno si concluda con uno smacco e la Lega si ribelli. Ma onestamente non mi pare sia nell’interesse della Lega del Nord. Credo che Berlusconi abbia ancora un paio di anni davanti a sé ” precisa Marc Lazar, docente presso la facoltà di storia e sociologia politica a Parigi, che dichiara:” Non sta cambiando proprio tutto in Italia. Il governo è ancora in piedi, la Lega afferma di non voler un nuovo governo, il centro sinistra è lontano dall’aver risolto tutti i suoi problemi e ha subito uno smacco a Napoli”.

Un ritornello invitante

Ad essere prudenti, forse potrebbe essere che la fine dell’era Berlusconi sia un ritornello che per il momento non è mai stato verificato. “Io sono prudente e, dal’uscita della prima edizione del mio libro, nel febbraio 2010, continuo ad aspettare la fine del berlusconismo!” spiega Antonio Gibelli, docente di storia contemporanea all’università di Genova e autore del saggio “Berlusconi o la democrazia autoritaria”. “Troppe volte ho creduto che fossimo vicini alla sua fine e ho dovuto constatare che egli ha delle considerevoli capacità di ripresa”.

“Nel 1996 viene eletto Romano Prodi, e si pensa che riesca a mettere Silvio Berlusconi in second’ordine,” ricorda lo storico Philippe. Ora nel 1998 Prodi è stato battuto dalla propria maggioranza. Stesso scenario nel 2008. Abbiamo spesso evocato la fine di Berlusconi dando scarsa importanza alla capacità della sinistra italiana di suicidarsi”.

E persino finendo per credere in una concezione integrale di una personalità più complessa di quanto si possa pensare. “Io mi chiedo anche, tenuto conto che Berlusconi è impopolare tra i media stranieri, se non consideriamo i loro sogni di una sua fine, come delle realtà”, continua Philippe Foro. Se l’immagine del presidente del consiglio è degradata, soprattutto all’estero, gli aspetti sociali del berlusconismo che hanno fatto la sua forza, sono passati in sordina, ricorda Foro:

“Per anni la società italiana si è strutturata attorno a quattro grandi fondamenti: la famiglia, i sindacati, i partiti politici, la Chiesa. Negli anni ’80 e ’90, queste grandi istituzioni entrano in crisi: il mondo politico crolla in seguito all’operazione giudiziaria Mani Pulite, i sindacati perdono la loro presa sulla società, e il successo personale diventa un valore sempre più importante. Berlusconi ha saputo colmare questi vuoti, egli rappresenta questa nuova Italia che si è sviluppata negli anni ‘90”.

A Milano, la sconfitta della destra non deve essere imputata soltanto a Berlusconi. Al contrario, è la mancanza di leadership di Letizia Moratti e l’opposizione di una parte dello schieramento leghista nei suoi confronti, che spiegano perché Berlusconi si è esposto in prima persona in questo voto e sia volato in aiuto della destra locale. Però, però, però … l’erosione sembra reale. “L’età del capitano, le rivelazioni sulla sua vita privata, la concentrazione della sua attività per costruirsi delle leggi ad personam … per non parlare della sua strategia di comunicazione e della sua egemonia culturale che comincia a sfaldarsi”. Tutta una serie di segnali evidenti di una sua usura, secondo Marc Lazar.

La fine del berlusconismo

Silvio Berlusconi, che presto compirà 75 anni, invecchia. Fisicamente, ma anche e soprattutto simbolicamente. “Il suo stile, che per parecchio tempo è piaciuto agli italiani, è diventato solo la manifestazione della volgarità, è diventato banale” spiega Antonio Gibelli ricordando le note vicende delle barzellette berlusconiane. “ All’inizio spezzavano con un linguaggio antiquato, le vecchie convenzioni. Oggi è ripetitivo, è un disco rotto. Il mito di Berlusconi ha terminato la sua parabola ed oggi è in declino”.

I molteplici scandali sessuali avranno ampiamente contribuito ad offuscare la sua immagine. E a logorareil suo elettorato. “Un elettorato che sicuramente vedeva in Berlusconi il simbolo di un successo economico ma che in fondo è un elettorato della media borghesia attaccato ai valori morali” precisa Philippe Foro.

Infine, il successo economico è anch’esso messo in discussione. Milano in questo senso è molto più simbolica; capitale economica del paese, è scontenta del deterioramento della situazione finanziaria.

“Un certo numero di gruppi di potere ha protestato, in particolare la Confindustria che ha condannato l’immobilismo del governo Berlusconi, e questo fa presa a Milano” precisa Marc Lazar.

Se Berlusconi poteva riempire un vuoto, oggi sembra restare in piedi più per mancanza di alternativa che per le proposte di un programma e di uno stile convincenti. In tal senso, il tasso di astensione in occasione delle municipali è rivelatore: la ratifica del suo governo è dovuta molto più agli astensionisti che a un trasferimento di voti dal centro destra verso il centro sinistra.

Se Berlusconi ha delle possibilità di restare ancora due anni in carica al governo, il berlusconismo sembra che stia giungendo alla fine.

“Tutto ciò che ha costruito come insieme di valori contraddittori cristallizzati attorno alla sua persona funziona meno” dichiara Marc Lazar. Attualmente il partito che conta da questo punto di vista è la Lega, focalizzata intorno a questioni che riguardano l’immigrazione, l’ordine pubblico, la critica verso l’Europa. Nella lotta per l’egemonia culturale, è la Lega che vince oggi. La grande responsabilità del Partito democratico è che non offre alcuna alternativa”.

E POI?

Ecco perché è così difficile immaginare come sarà l’Italia dopo Berlusconi.

“Quando la scena politica è stata così a lungo monopolizzata da un unico personaggio, la sua uscita di scena non può essere un avvenimento qualunque ma tende ad avere delle conseguenze traumatiche, che possono cambiare completamente la scena politica”, questo secondo lo storico Antonio Gibelli.

Si possono sicuramente evocare scenari diversi: un ritorno del centro sinistra con Pier Luigi Bersani; una ricostituzione di un vero partito di centro attorno a Gianfranco Fini o Pier Ferdinando Casini; un nuovo successo del PdL ancora diretto da Berlusconi, oppure da qualcun altro come Giulio Tremonti, attuale ministro dell’economia e finanza …

Ma nessuno è davvero convincente: la sinistra sembra ancora troppo debole e Bersani troppo poco carismatico; il terzo polo ha subito uno smacco cocente durante le municipali; quanto ad un’eventuale successione di Silvio Berlusconi, si fa fatica ad immaginare un berlusconismo senza Berlusconi, soprattutto con qualcuno che, come Tremonti, è agli antipodi dello spettacolo berlusconiano.
Il terzo Polo

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