21 giugno 2011

No all'energia nuclerae e a Berlusconi - Nein zur Atomkraft und zu Berlusconi

Der Spiegel: Italiener sagen Nein zur Atomkraft - und zu Berlusconi

Articolo di Hans-Jürgen Schlamp
Pubblicato su Der Spiegel il 13/06/2011
Tradotto da Claudia Marruccelli

L’Italia ha deciso: secondo gli exitpol ben oltre il 50% degli aventi diritto ha partecipato ad un referendum e ha votato contro l’energia nucleare e contro la privatizzazione dell’acqua. Per il capo di governo Berlusconi il risultato è una sonora sberla.

Berlusconi preoccupato
 La sua stella sta tramontando, risplende più che mai lucente solo per sé stesso. Allo stesso tempo, Silvio Berlusconi, 74enne capo di governo, tycoon dei media e miliardario, diventa sempre più ridicolo. Recentemente si è vantato di essere “tra i più stimati” dei suoi colleghi politici riconosciuto da tutti i leader politici del mondo come “massimo esperto” [in materia ndt]. Anche il suo popolo gli “innalzerebbe immediatamente un monumento” se solo capisse meglio, cosa sta facendo.

In realtà il popolo grida piuttosto „Bunga Bunga“ e fischia, quando il grande capo si fa vedere in pubblico – come venerdì scorso, quando Berlusconi era a passeggio nella variopinta cittadina di Portofino verso la villa di suo figlio Piersilvio, per festeggiare là il compleanno del nipotino Lorenzo.

Con altrettanta chiarezza, il fine settimana di Pentecoste, più della metà degli elettori italiani aventi diritto, ha manifestato che non sono più affascinati dal bizzarro charme del loro presidente del consiglio. Con un referendum hanno votato contro il nucleare, contro la privatizzazione dell’acqua e contro la legge del legittimo impedimento. E così hanno votato, secondo quanto riportano gli exitpol, contro tre importanti progetti di legge del governo.
Manifestazione antinucleare a Roma
 Ora devono “dire addio” all’energia nucleare, aveva già annunciato senza mezzi termini Berlusconi dieci minuti prima della chiusura dei seggi fissata per le 15. Ancor più importante dal punto di vista politico, è il fatto che Berlusconi per la seconda volta in poche settimane – dopo la sua sconfitta alle elezioni amministrative – è stato drammaticamente battuto.

Tuttavia il predecessore di Berlusconi, Romano Prodi si è rallegrato, che la consultazione elettorale non sia fallita avendo superato di oltre il 50% rispetto alle precedenti consultazioni il necessario quorum, e dichiara “è un segnale politico”. Infatti, negli anni precedenti le consultazioni erano regolarmente fallite a causa della ristretta partecipazione [degli elettori ndt]. Gli italiani – tranne che negli anni ottanta – la domenica preferivano andare al mare, anziché alle urne. Anche ora governo lo aveva messo in conto.

Cantanti, papa e pizzaioli

Ma stavolta è tutto diverso. Certo il tempo per mobilitare gli aventi diritto è stato molto ristretto. Per ordine dell’attuale zar delle TV [Berlusconi ndt], l’informativa mediatica sul territorio in favore del referendum è stata decisamente scarsa. A Berlusconi appartengono tre importanti emittenti televisive private e dal punto di vista amministrativo ha una grande influenza sul palinsesto dei programmi TV della RAI.

In ogni parte della nazione si sono impegnati studenti e cittadini, cantautori e sacerdoti. Sul Colosseo a Roma, sulle Torri di Bologna, sui ponti di Venezia sono stati affissi striscioni. Per nove ore famosi cantanti e musicisti hanno intrattenuto con musica e attività migliaia di convenuti, soprattutto giovani, in Piazza del Popolo a Roma, così come a Bologna e Milano. Pizzaioli hanno offerto gratuitamente le pizze a chi presentava la ricevuta della votazione effettuata. Semplici sacerdoti e cardinali, persino il Papa, sono intervenuti più o meno discretamente sull’argomento. Non avveniva in Italia da tempo.


Giovani in piazza per il referendum
Ci sarà da discutere ancora dal punto di vista politico e giuridico, su come verranno considerati i tre milioni di italiani residenti all’estero, che in grossa parte non avevano ricevuto la scheda elettorale. Ma il messaggio politico di questo fine settimana festivo è chiaro, indipendentemente da quanto si scosti la giusta cifra dei partecipanti alle elezioni: una vasta alleanza di giovani ed anziani, religiosi e atei, coscienziosi cittadini e colorati artisti non hanno soltanto voluto fermare la costruzione di centrali nucleari e la svendita delle riserve di acqua potabile. Hanno voluto soprattutto dire alla coalizione politica del governo: “Ora Basta!”

Cambiamento di strada o il governo „muore“

Il sentimento del „Basta!“ nel popolo è stato ben compreso da qualche politico. Umberto Bossi, per esempio, leader della brigata populista anti stranieri  Lega Nord e alleato di coalizione al governo, dichiarava già prima dei risultati del referendum, che o il governo cambia strada ora o “muore”.

Entro il 22 giugno quindi Berlusconi deve soddisfare le richieste della Lega, questo è l’ultimatum di Bossi, altrimenti si chiude. Vuole riconquistare il favore del suo elettorato nel nord Italia grazie alla diminuzione della pressione fiscale e al trasferimento di alcuni ministeri da Roma a Milano. Ma non ci sono soldi per la riduzione fiscale, e gli alleati del sud Italia di Berlusconi hanno bloccato il trasferimento ministeriale.


Umberto Bossi a Pontida
Per timore della fine imperversa tra le fila del governo, sembra ogni tanto di essere come in un pollaio in subbuglio. Ultimamente il siciliano Gianfranco Micciché ha scatenato il panico. Con una buona dozzina di parlamentari a rimorchio ha lasciato il PDL di Berlusconi la settimana scorsa ed ora vuole fondare un partito tutto suo, più allineato con l’Italia del sud. Ma per il momento vuole restare a Roma e votare per Berlusconi.

Nel frattempo le percentuali di gradimento precipitano in tutti i sondaggi. Solo il 13% nel gruppo di centrodestra lo considera adatto come premier, così riporta il quotidiano “La Repubblica” nel fine settimana. Quindi nella lista si colloca solo al quarto posto, tre politici del suo schieramento si piazzano improvvisamente davanti a lui. Davanti a tutti, con il 23% delle preferenze, c’è il ministro dell’economia e finanza Giulio Tremonti. Ecco perché Berlusconi si fida poco di lui.

Talvolta, molto raramente, nei momenti critici, anche Silvio Berlusconi sembra farsi prendere dal panico. Non vuole e non farà la “fine di Craxi”, avrebbe dichiarato in questi giorni ad una persona fidata. Bettino Craxi, leader socialista, premier negli anni ottanta e grande ammiratore del giovane Berlusconi, è stato anni fa coinvolto in una vicenda di corruzioni che ha riguardato mezza Italia. Fuggito in esilio in Tunisia fu condannato in contumacia a 28 anni di carcere.

A dire il vero, e questo potrebbe tranquillizzare un po’ Berlusconi, egli non dovrebbe scontarne neanche uno di giorno.

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