08 marzo 2011

Baciamo le mani ... Handkuss für den Diktator

Der Spiegel: Handkuss für den Diktator
Baciamano per il dittatore

I due "Cumpari"
L'Italia è lo stato europeo più strettamente coinvolto, politicamente ed economicamente, con la Libia. Importiamo petrolio, gas e denaro in cambio di armi e appoggio politico. Però ora il governo italiano teme l’ex amico Gheddafi, poiché i rapporti commerciali con il dittatore potrebbero costare cari alla nazione.

E’ stata una vera amicizia [tra uomini]! Muammar al Gheddafi, o come si fa chiamare “il capo della rivoluzione” della Libia ha invitato il suo amico romano, il capo di governo Silvio Berlusconi, persino nel suo harem e gli ha insegnato i giochetti erotici del Bunga Bunga. Berlusconi ha ricambiato a modo suo. La scorsa primavera in occasione dell’incontro con il capo di stato arabo, avvenuto nella Sirte, Berlusconi ha salutato il rais con un baciamano.

L’italiano è stato a lungo fedele al suo amico trans mediterraneo. Ancora nelle scorse settimane, quando Gheddafi ordinava di sparare e bombardare sui cittadini, Berlusconi si era rifiutato di pronunciare una parola di critica. L’Italia ha bloccato, ancora lunedì scorso, le manovre dell’UE contro gli eccidi a Tripoli. Solo dopo notevoli pressioni avanzate nel corso della settimana da Washington – il ministro degli esteri statunitense Hilary Clinton aveva più volte chiamato Roma – Berlusconi ha ceduto. In maniera però eccessiva: Gheddafi è matto, riporta il quotidiano La Repubblica, potrebbe persino lanciare razzi contro l’Italia.

Le ripercussioni per l’Italia sono enormi, anche senza la vendetta di Gheddafi. L’economia è dominata da un clima di preoccupazione. La Libia non è solo fornitrice di materie prime e importante acquirente di prodotti finiti italiani, ma è anche consociata con molti imprenditori italiani. Con il 7.2 % delle azioni, lo stato nordafricano è anche il maggior azionista dell’UNICREDIT. Il vicepresidente dell’istituto bancario è quindi un libico, capo della banca centrale di Tripoli, Farhat Bengdara che però attualmente è irreperibile. Dieter Rampl, presidente dell’UNICREDIT ha dichiarato che non si hanno notizie di Bengdara.

La Libia è comproprietaria del gruppo Finmeccanica per le tecnologie e costruzioni per la difesa, oltre che dell’ENI. E persino circa il 7% della mitica Juventus appartiene allo stato nordafricano. Le quote percentuali dei libici in verità sembrano limitate – di Finmeccanica sono solo il 2% e dell’Eni appena poco più. La questione è nascosta nella reciproca dipendenza.

Pozzi Eni in Libia
I prezzi dei carburanti in Italia sono alle stelle

Per esempio Eni (nota nei distributori come „Agip“), un tempo azienda statale, ha investito in Libia oltre 50 miliardi di dollari nella ricerca ed estrazione di petrolio e gas e dovrebbero essere investiti ulteriori miliardi nei prossimi anni. “Il destino della Libia e dell’Eni sono strettamente legati”, afferma l’esperto in affari internazionali Nicolò Sartori.

Ma forse non solo il destino dell’ENI: un quarto del greggio, un decimo del gas importato arriva dalla Libia. Ma da un paio di giorni il gasdotto “Greenstream”, che collega la Libia con la Sicilia, una delle principali condotte gas di tutta Europa, è vuoto. A breve scadenza, non sarebbe un problema, affermano gli importatori italiani. Ma che succederebbe se la cosa durasse di più? Una grossa parte dell’energia viene prodotta dalle centrali termo elettriche. Anche l’esportazione di petrolio dalla Libia è per il momento sospesa. Risultato: i costi dell’energia italiana, già tra i più alti d’Europa, balzano alle stelle.

Berlusconi ha pagato 5 miliardi di euro, era appena stato eletto nel 2008, al suo socio in affari di Tripoli in occasione del trattato di amicizia. Il denaro, considerato come un risarcimento per danni coloniali e di guerra, doveva per esempio essere investito in strade e reti ferroviarie. Però Gheddafi promise che [il denaro] sarebbe ritornato sottoforma di commesse a ditte appaltatrici italiane e a produttori di apparecchiature.

Come spesso succede i due paesi hanno fatto grossi investimenti reciproci e ne hanno entrambi tratto vantaggi. Molto prima dell’epoca Berlusconi, nel 1976, Gheddafi salvò con un fiume di miliardi la Fiat, colpita duramente dalla crisi petrolifera. Acquistò così il 15% della casa automobilistica – ma solo per 10 anni. Poi però gli italiani fecero pressioni affinché vendesse le sue azioni. Il tipo era considerato un terrorista da buona parte del mondo – cosa che danneggiava gli affari automobilistici. Ma Gheddafi non se la prese poi tanto con i suoi soci in affari.

“Il capo di stato libico è notoriamente lunatico”

Le relazioni tra Italia e Libia hanno interessato anche gli USA. Gli ambasciatori tenevano al corrente il governo di Washington. Stando a quanto dicono i rapporti, i comportamenti di Gheddafi non erano proprio visti di buon occhio dai soci italiani.

In un dispaccio del 2006, i diplomatici USA riferiscono delle preoccupazioni dell’agenzia per il commercio estero sulla “imprevedibile” politica economica di Gheddafi e per le trafile burocratiche in Libia. “Il capo di stato libico è notoriamente lunatico ed è incline a repentini cambi di marcia”, così i diplomatici raccolgono le lamentele degli italiani. Tuttavia la dipendenza dell’Italia dal petrolio e dal gas libico fa in modo che le relazioni economiche dei due paesi nonostante tutti i problemi, resistano, dichiararono secchi.

Giornata dell'amicizia Italo-Libica

Il dittatore minacciava e Berlusconi si metteva in riga

Un rapporto del 2009 illustra quanto seriamente il governo italiano era nella mani del dittatore. All’epoca Gheddafi venne in visita a Roma. Sono dovuti passare 40 anni dalla sua ascesa al potere nel 1969, prima che l’Italia si dichiarasse pronta a riceverlo come un ospite rispettabile. L’entourage di Gheddafi utilizzò/richiese allora quattro aerei e 446 passaporti, dichiararono allora gli italiani ai diplomatici americani. Gli staff politici di Berlusconi e Gheddafi avevano quindi preparato di comune accordo il programma di visita.

Tuttavia il giorno dell’arrivo [del rais] Berlusconi accusò un tremendo mal di schiena, secondo quando risulta dai telegrammi dei diplomatici USA inviati a Washington. Quando Gheddafi venne a sapere che Berlusconi allora non sarebbe venuto all’aeroporto a riceverlo personalmente, minacciò di ritornare a Tripoli. Berlusconi si mise in riga, si fece fare un’iniezione di cortisone e si trascinò all’aeroporto – nonostante fosse dilaniato da tremendi dolori, così si legge nel rapporto.

E’ stata una lunghissima ed intensa amicizia quella tra i due capi di stato. Ma ormai è acqua passata. I ribelli avrebbero ricevuto armi dall’Italia, ha affermato con irritazione questa settimana Gheddafi al telefono con Berlusconi, cosa che è ben lungi da lui e dal suo governo. Tuttavia [Berlusconi] teme ripercussioni e vendette da parte del suo ex amico.
Tenda berbera di Gheddafi a Roma in Villa Pamphili

L’Italia teme vendette per i connazionali

Circa 10.000 italiani vivono in Libia, solo pochissimi vogliono venir via. Potrebbero diventare presto bersaglio di rappresaglie da parte del dittatore, questo è quanto si teme a Roma. Inoltre il regime di Gheddafi potrebbe spalancare i porti e spedire via mare migliaia di profughi verso l’Italia.

I capi dell’economia italiana temono anche qualcos’altro di diverso. Se la cricca del despota venisse spodestata e la Libia diventasse un altro stato, gli stretti rapporti con Gheddafi potrebbero in seguito trasformarsi in un fiasco economico: la nuova Libia potrebbe ritirare i suoi investimenti in Italia e boicottare i prodotti made in Italy. Questo farebbe precipitare la “Bella Italia” in una profonda crisi economica.

Juventus e Gheddafi

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