06 novembre 2011

L'invasione cinese non fa paura agli studenti veneziani

All’università Ca’ Foscari di Venezia, gli studenti si lanciano sulla lingua cinese

di Claire Gatinois
Pubblicato in Francia il 10 ottobre 2011 su Le Monde
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia dall'Estero

Elisa, 20 anni, è una studentessa dell’università Ca’ Foscari di Venezia, una delle più prestigiose d’Italia, specializzata nelle facoltà di economia e nelle lingue. In questo fine giornata di ottobre, lontana dai turisti che affollano le calli del sestiere di Dorsoduro [i quartieri a Venezia sono detti “sestieri” perché la città è divisa in sei zone, N.d.T.], ripassa le lezioni di … cinese con altre due studentesse. “Oggi tutto va verso la Cina”, spiega.

Lontano dalle manifestazione degli “indignati“, Elisa e le sue amiche sono concrete. Nel 2009 il PIL italiano è crollato del 5.2%, prima di ricrescere a stento dell’1.2% nel 2010. Il Fondo Mondiale Internazionale prevede uno 0.6% nel 2011 ed uno 0.3% nel 2012.

E la disoccupazione giovanile dei ragazzi al di sotto dei 24 anni oggi raggiunge il 29.6%, con una percentuale globale del 7.9%. “Quando pensiamo al nostro futuro qui in Italia, vediamo solo un grande punto interrogativo”, riassume Marta. La ragazza ha intenzione di trasferirsi in Svizzera, dove ha delle amicizie. “La mia laurea in cinese mi sarà utile lassù”.

Sono numerosi gli studenti italiani che, come Elisa Marta e Tatiana, hanno sentito il vento cambiare. Pur conoscendo poco i dettagli della crisi europea, hanno deciso di attrezzarsi con i migliori strumenti utili per il loro futuro.

Alla Ca’ Foscari, da cinque anni il cinese è diventato la seconda lingua più studiata dopo l’inglese, spodestando così spagnolo e russo. La crescita cinese ogni anno sfiora il 10%? Gli scambi tra l’università veneziana e le scuole cinesi quindi si moltiplicano, e sempre più giovani vanno a lavorare all’estero. In Cina o altrove.

Ca' Foscari a Venezia
Gerontocrazia

Secondo uno studio di Alma Laurea, una associazione che rappresenta il 78% degli universitari italiani, “per ogni studente straniero che si trasferisce in Italia, se ne va via uno e mezzo”. In totale, la proporzione di laureati italiani che si trasferiscono fuori dallo stivale rasenta il 4.5%, una percentuale abbastanza debole, legata al ritardo della globalizzazione dell’università del paese. “Ma questa cifra cresce di anno in anno” osserva Andrea Cammelli, presidente di Alma Laurea e docente di economia all’università di Bologna.

In particolare, gli studenti che vanno all’estero sono in maggior parte laureati in economia (15.8%) e in ingegneria (29%). Quelli di cui il paese ha estremo bisogno, sottolinea Cammelli. Inoltre il 60% dei “cervelli” fuggiti all’estero non pensa di rientrare in patria.

Nulla di cui meravigliarsi per Cammelli: “L’Italia non sa valorizzare la propria gioventù!”, dice rammaricandosi. Se i laureati italiani hanno molta più possibilità degli altri di trovare lavoro, le prospettive diventano più incerte: la percentuale di laureati di primo livello attivi è diminuita di 7 punti fino ad arrivare al 55,7%, e lo stipendio medio è diminuito del 10.5%.

Lo stipendio di un dottore magistrale è molto meno allettante in Italia che altrove: 1054 euro al mese in Italia, contro 1568 euro all’estero, cioè il 48% in più. Cinque anni dopo il conseguimento della laurea, la differenza cresce ancora, lo stipendio sale a 2027 euro fuori dall’Italia contro 1295 nel paese.

Colpa della crisi? Del governo di Silvio Berlusconi i cui problemi giudiziari e le serate “bunga-bunga” sono regolarmente sulle prime pagine di tutti i giornali? “Non so, ma vedo che Berlusconi e tutti quelli che sono al governo guadagnano un sacco e non hanno le nostre stesse preoccupazioni”, osserva Marta.

“La gioventù non si aspetta nulla dai governanti che non la capiscono” afferma Carlo Carraro, preside dell’università Ca’ Foscari.

In tutta Italia si parla di questo male di cui soffrono le classi privilegiate: “la gerontocrazia”. Berlusconi ha 75 anni, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, 86 … tutto sembra inadatto alla gioventù.

“Nel mese di settembre, una proposta di riforma della Costituzione avrebbe dovuto permettere ai giovani di 25 anni di potersi candidare al Senato e a quelli di 18 anni alla Camera, contro i 40 e i 25 di oggi” ricorda Cammelli. Ma questa proposta è ancora ben lungi dall’essere approvata.

Alfabeto cinese
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