Littérature Italienne: une aquarelle delicate
Erri De Luca ha lasciato Napoli a 18 anni, ma nei suoi racconti non smette di ritornarvi, come in “Montedidio” (premio Femina étranger nel 2002) e nella sua ultima opera, „Il giorno prima della felicità“. Ci troviamo in un vecchio quartiere napoletano, negli anni del dopoguerra, Napoli, la città protagonista, organica, viva, brutale, sottomessa alle leggi d’onore che governano le strade, in cui persino l’italiano è considerato una lingua straniera, mentre il napoletano restituisce più gusto e tenerezza all’immaginario popolare.
Il narratore, un orfano di tredici anni, trascorre il suo tempo libero a leggere, a giocare a pallone [a Napoli si dice così] ad aprirsi un varco tra i cespugli di ginestre fino in cima al Vesuvio, ad andare a scuola anche se fa parte dei poveri che non hanno nemmeno un foglio di carta assorbente per asciugare l’inchiostro sui loro quaderni: “Soffiandoci sopra, il blu dell’inchiostro tremolava cambiando colore. Gli altri lo asciugavano con il tampone. Il vento che creavamo sul foglio piatto era più bello. Gli altri schiacciavano le parole sotto il loro cartoncino bianco”.
Nello stabile in cui vive, il portiere, Don Gaetano, lo ha preso sotto la sua protezione. Persona generosa e molto legato all’adolescente, trascorre molto tempo con lui, insegnandogli il gioco a carte napoletano della scopa, lo porta con sé una domenica sul vulcano – “Devi fare la sua conoscenza, è il padrone, e noi siamo i suoi inquilini. Chi è nato qui deve fargli una visitina.” Si interessa alla sua educazione sessuale, mandandolo una sera da una vedova dall’aspetto felliniano che abita nel palazzo. Ex partigiano, traghettatore di storie, il vecchio racconta gli anni della guerra, la ribellione dei napoletani contro l’occupazione tedesca – “una insurrezione unica in Italia, in cui sono state strappate le armi dalle mani di coloro che le impugnavano” – poi la liberazione. Napoli, incolpata di collaborazione con i nazisti, ma capace anche di atti eroici: nell’estate del 1943, Don Gaetano ha raccolto e nascosto un ebreo che era appena sfuggito ad una retata.
Don Gaetano possiede un altro dono: legge nel pensiero delle persone. Quindi sa che è a causa di una donna intravista un giorno dietro un vetro, durante una partita di calcio nel cortile del palazzo, che il suo giovane protetto vivrà una delusione d’amore e sarà condannato ad un esilio forzato. “T’aggia ‘mparà e t’aggia perdere” “Devo insegnarti e devo perderti” sono le ultime parole in napoletano profferite da Don Gaetano al suo protetto, che la vita spinge lontano, verso l’Argentina.
Attraverso la storia di Don Gaetano, è la nostra propria fragilità che domanda il giorno prima della felicità. In occasione di una recente intervista pubblicata su La Vie, una rivista francese, Erri de Luca ha dichiarato: “ Per me la felicità consiste in questa possibilità di afferrare la vita a mani piene. E’ una rapina. Noi spesso cerchiamo la felicità nei nostri ricordi, perché abbiamo perso il momento giusto per riconoscerla. La felicità è sempre un trabocchetto. Ci prende a sorpresa. Il giorno prima quindi è il migliore.
La traduttrice Danièle Valin, ha saputo cogliere nella sua essenza anche la pura scrittura, quasi minerale, luminosa di questo acquerello delicato che è “Il giorno prima della felicità”, in cui si riflettono paesaggi napoletani spazzati dal vento, il sole, i profumi, i suoni e una sensualità a fior di pelle. I racconti di questo scrittore d’oltralpe non si leggono, si vivono, si sentono. “Il giorno prima della felicità” semplicemente superbo.
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